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Mance tra natura giuridica e ripartizione: le tante norme a supporto dei casinò

16 gennaio 2024 - 10:01

Il tema della definizione giuridica delle mance e della loro ripartizione nei casinò è sempre attuale: ecco una disamina delle norme che le disciplinano.

Foto di Arisa Chattasa su Unsplash

Foto di Arisa Chattasa su Unsplash

Non vorrei apparire noioso ma l’aver letto, un pochino di tempo  fa, delle mance nelle case da gioco mi induce a ritornare sull’argomento dopo averci ulteriormente lungamente riflettuto.
Dal punto di vista civilistico credo che la priorità sia stabilire la natura giuridica della mancia consultando il Codice civile che, all’art. 770, primo comma, definisce la donazione remuneratoria e nel secondo la liberalità d’uso.

La mancia è una liberalità d’uso e non costituisce donazione la liberalità che si fa in occasione di servizi resi o, comunque, in conformità agli usi. Tanto per esemplificare, la mancia è una liberalità d’uso in quanto caratterizzata da un movente anche remuneratorio, ad esempio quella che si dà al cameriere del ristorante.
È facile riscontrare che, approfondendo l’indagine al di là del nome, si riscontra che con nome identico si indicano realtà economiche e giuridiche assai diverse tra loro.
Il che dovrebbe indurre a distinguere tra mancia e mancia.
Ripeto che il termine mancia si trova solitamente riferito ad attribuzioni o liberalità d’uso, in qualche modo collegate al lavoro di chi la riceve.
Il nesso con il servizio si presenta maggiormente accentuato, sin quasi a conferirle il carattere remuneratorio, nella mancia elargita in occasione di prestazioni gratuite. L’attribuzione rimane sempre gratuita, l’intento costituisce uno scopo ulteriore che non agisce sulla causa liberale, salvo che sia erroneo o  illecito.  

Dopo la premessa devo aggiungere che detto carattere non lo si trova nelle mance elargite dai giocatori vincenti al personale delle case da gioco.
Per quanto riguarda il croupier mi pare si debba considerare che la mancia non trae occasione dal servizio, che se ci fosse sarebbe illecito e da codice penale, ma dalla vincita. 
Sino ad ora ho insistito sulla mancia al croupier che comprende tutti gli addetti direttamente al gioco ma non esistono in aggiunta solo ispettori, commissari, capi partita e changeurs e cassieri di sala tra il personale tecnico di cui all’art. 3 del decreto n. 314 del 1997. Ora parlo dei valletti che oltre ad aiutare in occasione di aggiunte o cambi ai tavoli lavorano come camerieri per servire i giocatori che, per qualche ragione, non si recano al bar personalmente.

Per questi ultimi non conosco se è applicabile la recentissima norma fiscale che determina nel 5 percento l’aliquota applicabile alle mance sino a una decorrenza di cui non ricordo l’importo dichiarato nell’anno  precedente; poco rileva nel discorso che segue.
Tornando ai cassieri di sala tecnici di gioco, l’ho fatto anche io, partecipano alle mance dei tavoli ma con una percentuale inferiore al croupier anziano ma, a volte, viene loro elargita la mancia in occasione di qualche pagamento rilevante a seguito di una seduta  vittoriosa da parte del cliente.
Pretendere che i cassieri in discorso versino una parte delle mance aggiungendole a quelle dei tavoli mi pare azzardato. Non vorrei sembrare esperto di diritto, e non lo sono affatto, ma come è noto e lo posso testimoniare pacificamente, gli ammanchi di cassa li paga il cassiere al quale sono capitati. Il partecipare agli utili e non alle perdite mi pare possa richiamare il patto leonino, ovvero se c’è un utile lo dividiamo, se, invece, c’è una perdita, non ne voglio sapere.

Chiaramente devo ammettere che l’importo dell’ammanco non è controllabile al cento percento e allora lasciamo tutto come una volta!
Ci sarebbe da aggiungere, e, forse c’è, che il gestore non potrebbe partecipare alla ripartizione delle mance a meno che che il o i primi beneficiari abbiano firmato un accordo scritto in tal senso.
Perché, a mio modo di vedere, la sentenza della Cassazione, 9 marzo 1954, n. 672 si applica anche al caso in parola e ritengo che   se il primo beneficiario della mancia è, indiscutibilmente, il croupier, il gestore non ha titolo originario a parte della vincita (cioè la mancia); d’altro canto sarebbe paradossale che partecipi alla vincita chi, perdendo, la deve finanziare: il gestore. Il fatto che quest’ultimo soggetto partecipi ad una parte delle mance, fondato su un patto o un accordo di devoluzione... 

L’articolo 19 del decreto legge n.318 del 1 luglio 1986 convertito in legge n. 488/86, dal titolo: Entrate speciali a favore dei comuni di  Sanremo e Venezia, recita al comma 1: “Le entrate derivanti ai Comuni di Sanremo  e Venezia alle gestione di cui al Rdl 22 dicembre 1927, n. 2448 convertito dalla L. 27 dicembre 1928 n.3125, nonché al Rdl 16 luglio 1936, n. 1404 convertito dalla L. 14 gennaio 1937 n. 62, sono considerate, fin dalla loro istituzione, entrate di natura pubblicistica da classificarsi nel bilancio al titolo I, entrate tributarie. Non si dà luogo al rimborso delle imposte dirette già pagate”.

Da quanto immediatamente precede a concludere che tutte le mance sono entrate tributarie di cui alla citata legge il passo mi pare tanto lungo. Anche perché, e l’ho letto in un documento che non ricordo e mi impegno a cercarlo (1), questa legge nata dal  solo art. 19 del citato decreto, era nata per eliminare la possibilità che le gestioni pubbliche e dirette dovessero pagare l’imposta diretta sulla loro parte di mance di loro competenza.
Termino concludendo, e penso di aver confortato sufficientemente il fatto, che le sole entrate tributarie per l’ente pubblico concedente e titolare dell’autorizzazione alla casa da gioco sono quelle derivanti dalla differenza tra perdite e vincite dei giocatori.

(1) All’epoca di quanto richiamato, se ben rammento, si trattava di una causa tra il fisco e i due Comuni di Sanremo e Venezia e accenna ai decreti istitutivi delle rispettive case da gioco.

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