Casinò senza legge: la Corte costituzionale resta inascoltata
I casinò italiani non presi in considerazione dal legislatore, nonostante i ripetuti appelli della Corte costituzionale.
Scritto da Mauro Natta
Foto di Clarisse Meyer su Unsplash
Non è facile comprendere come e perché i casinò terrestri siano scomparsi, c’è da sperare non definitivamente, dalle attenzioni del Governo. Eppure se si parla di gioco pubblico dove si pensa di collocare il gioco che si pratica nei casinò in deroga alle norme del codice penale (718 – 722)? Dopo i noti inviti della Corte costituzionale rivolti al Parlamento allo scopo di colmare una lacuna dovuta alla assoluta mancanza di una legge organica ed un tentativo nel 1992 la materia sembra scomparsa dall’orizzonte delle problematiche da risolvere.
Constatare che l’Italia è circondata da numerosissime case da gioco non è un grande impegno, l’aver visto sulle nostre autostrade la pubblicità di case da gioco all’estero non è un mistero, la conoscenza del ruolo che i casinò hanno nel campo turistico non dovrebbe rappresentare una novità ed allora ricercare le motivazioni di una situazione perfettamente statica è divenuto più che normale.
Nel 1992 sono stati presentati numerosi disegni e progetti di legge che prevedevano l’apertura di nuove case da gioco proprio sulla base della collocazione turistica e dell’esistenza delle indispensabili infrastrutture.
Erano comprese le norme da applicarsi alle case da gioco esistenti, non tutti avanzavano proposte relative ai casinò sulle navi da crociera.
Le audizioni di allora vedevano le organizzazioni sindacali impegnate a fornire il loro contributo dovuto all’esperienza lavorativa. Posso dirlo in quanto andai a Roma proprio per questa motivazione e per l’interesse specifico che ci portò a produrre un progetto di legge in proprio. Avevamo gradito la proposta di istituire un album dei gestori, delle norme per i dirigenti e per gli impiegati. Il richiamo alla Police des jeux francese ci pareva, e pare ancora allo scrivente, una istituzione da imitare.
Quello che maggiormente colpisce è l’abbinamento che spesso avviene tra case da gioco con malavita, riciclaggio e chi più ne ha più ne metta; ecco che diviene attuale porsi la domanda: per quale ragione non si procede a fornire al settore delle case da gioco una giusta ed invocata normativa che possa finalmente e legislativamente dirsi organica e definitiva?
La motivazione iniziale per l’istituzione delle case da gioco risiede nei decreti emanati dal 1927 in poi e le entrate che ne derivano agli enti pubblici periferici avevano e, forse, ancor più oggi hanno lo scopo di permettere loro un assestamento del proprio bilancio.
Mi rifiuto di pensare che esista una “congregazione” contraria al gioco tanto potente da impedire che si parli di casinò o che avversi la creazione di nuove case da gioco sul territorio nazionale.
È difficile ammettere che il nostro Governo non sia al corrente del fatto che molti italiani mascherati da turisti si recano all’estero per giocare nei tantissimi casinò più o meno vicini. Per molti la difficoltà per disporre di capitali all’estero può rappresentare un ostacolo dato che i prelevamenti sono segnalati e si può espatriare mi pare, con diecimila euro, ma per pochi il problema non esiste.
È assolutamente incomprensibile che il settore turistico e alberghiero non venga preso in considerazione quale mezzo di ulteriore sviluppo in termini di prodotto interno lordo e di occupazione possibile se non per una riduzione della tassazione delle mance al personale dipendente.
Sarebbe fuori di ogni ragionevole discorso l’esistenza due “correnti di pensiero”, l’una contro l’altra armata che, pensandola in due modi contrastanti riuscissero ad impedire che la problematica in discorso fosse affrontata nel modo che, come ripeto, la Corte Costituzionale a datare dal 1985 ha auspicato. Nell’occasione credo di aver utilizzato, nel verbo, la gentilezza che nella citata sentenza, se non erro n. 152, non avevo trovato.
In conclusione non posso che unirmi a quanto, nell’articolo “Riordino gioco, casinò senza voce in Parlamento”, ho potuto leggere e del tutto condividere.