L'estate infuocata del gioco pubblico in cui si riscrive il futuro
Dopo una serie di rimandi e troppi slittamenti per il governo è arrivato il momento di affrontare la riforma del gioco: nei prossimi giorni si riscrive il futuro del settore.
Sarà un'estate a dir poco infuocata per gli addetti ai lavori del gioco quella che è appena iniziata. Nonostante la frase suoni a molti come un antico refrain (tenendo conto delle varie estati decisamente animate che gli addetti ai lavori ricordano benissimo), questa volta i lavori della stagione più calda in fatto di giochi potrebbero portare al compimento dell'attesa riforma del comparto. O, comunque, a un'autentica rivoluzione. Anche se non dovesse concretizzarsi quell'atteso riordino che doveva rappresentare la vera Riforma più volte annunciata dall'Esecutivo, è in questi giorni che potrebbe definirsi il nuovo assetto del comparto. Con il governo deciso (si fa per dire) a riscrivere il futuro del gaming italiano. Aldilà dell'annuncio del sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, che ha promesso e auspicato (ma non è certo la prima volta) il raggiungimento di un accordo in Conferenza unificata entro il mese corrente, quello che non sfugge a nessuno è che un cambiamento, in un modo o nell'altro, deve essere necessariamente impostato.
Per questo il governo ha urgenza di chiudere presto la partita. E quello che appare ormai chiaro a tutti è che dovrà cedere qualcosa di importante per raggiungere un accordo e una mediazione con gli Enti locali. A quanto pare l'oggetto del sacrificio potrebbero essere le slot machine: non solo il numero di apparecchi in esercizio (già bloccato al tetto massimo fissato dall'ultima legge di Stabilità e pari al numero di slot in esercizio al 31 dicembre 2015) dovrà ridursi del 30 percento a partire dal prossimo anno, com'è già previsto dalla legge e con il rischio che la percentuale diventi ancora più significativa, ma nelle ipotesi al vaglio dell'Esecutivo ci sarebbe anche quella di circoscrivere l'offerta di questi giochi unicamente all'interno di location specializzate o poco più. Le cosiddette 'gaming hall'. Facendo così sparire (o limitando fortemente) la distribuzione di macchine nei pubblici esercizi. Uno scenario che, se realizzato, andrebbe a rivoluzionare drasticamente il panorama del gioco pubblico italiano. Anche in termini di mercato. Non è un caso, in effetti, che i principali gruppi di gioco stanno dedicando particolare attenzione alle location di gioco specializzate già esistenti: ovvero, i bingo, le sale vlt e le agenzia di scommesse. Perché se il concetto di gaming hall dovesse davvero trovare sviluppi concreti in termini legislativi, sarebbero proprio questi i locali che rientrerebbero senza dubbio nella nuova definizione di location di gioco ritenute “idonee”. Ed è forse proprio per questo che le ultime acquisizioni, fusioni ed operazioni di vario genere condotte dai concessionari di gioco pubblico riguardano in modo particolare il mercato del betting, assicurandosi così una base solida di punti vendita costituita dalla rete di agenzie già esistenti sul territorio. Normativa regionale permettendo, ovviamente.
Ma nonostante i vari ragionamenti imbastiti dal governo e le attività prudenziali messe in atto di conseguenza dall'industria, la soluzione sembra tutt'altro che vicina. O, comunque, difficilmente percorribile. In primo luogo, per via del rischio economico che un cambiamento di questo tipo comporterebbe per il paese. In un momento in cui l'Italia non sa più dove prendere i soldi, e gli apparecchi da intrattenimento continuano a rappresentare – nel bene e nel male – circa 4,5 miliardi di gettito erariale annuale (cioè entrate dirette e garantite nelle casse dello Stato, a cui si aggiungono i contributi indiretti come l'Ica o Irap versata dalle aziende del comparto) il cambiamento dello scenario e la diminuzione dell'offerta rischierebbero di creare degli squilibri economici difficili da affrontare e gestire in questo momento. Ma soprattutto, tra i rischi più grandi, c'è quello di non poter contrastare il dilagare dell'illegalità che sembra essere inevitabile una volta che verrebbero tolte le slot dai bar, come è già accaduto in quei territori che hanno bandito le slot in virtù delle leggi locali, visto che troppi bar si reggono in piedi ormai proprio grazie ai proventi dei giochi, che difficilmente riuscirebbero a rimpiazzare, ricorrendo così ad offerte illegali in sostituzioni delle attuali slot machine. Anche in paesi esteri in cui i governi hanno preso decisioni simili, del resto, il risultato pressoché immediato è stato quello di rilevare un proliferare senza controllo del gioco illegale, dovendo così ricorrere ai ripari. E' successo in Bulgaria, in Russia e in altre realtà. E quindi arrivato il momento di guardare alle esperienze estere prima di prendere decisioni così rilevanti, non soltanto per il futuro del comparto ma anche per quello del paese. Anzi, con l'occasione potremmo importare anche qualche buona pratica applicata all'estero, come per esempio il principio delle 'good causes' legate alle attività di gioco in Regno Unito (e in modo simile anche in altri paesi come la Spagna o la Finlandia) che in Italia potrebbe tradursi in una tassa di scopo o in qualche altra declinazione. Le soluzioni ci sarebbero, quindi, per uscire da questa terribile impasse, ma è necessario un grande lavoro, in un'estate che si preannuncia decisamente bollente, per il gioco pubblico e per l'Esecutivo. E speriamo non troppo salata per i cittadini.