Riordino giochi verso l’intesa, ma non chiamatela riforma
Il governo ha pre-annunciato l’intesa definitiva con gli enti locali per il piano di riordino del gioco pubblico, che appare però parziale, incompleto e, forse, neanche risolutivo.
Quell’accordo s’ha da fare. Presto e in via definitiva. E’ quanto sembra aver deciso il governo, dopo due anni di trattative con gli Enti locali in Conferenza unificata, sul piano di riordino del gioco pubblico che, a quanto pare, dovrebbe essere raggiunto nella prossima riunione dell’organismo fissata al 7 settembre. Alla ripresa dei lavori istituzionali dopo la pausa estiva e giusto in tempo per l’avvio della discussione in Parlamento della Legge di Bilancio – come spiegato dal sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta – in modo da poter scrivere la parola “fine” sulla materia entro il termine della Legislatura. Ma nonostante la presunta buona notizia, che tutti, dentro e fuori l’industria, attendevano da tempo, la soluzione proposta dal governo sembra proprio dover scontentare chiunque, o quasi. A giudicare dalle polemiche, senz'altro immancabili quando si parla di giochi, nel nostro paese.
Del resto, la politica è arte, diceva Cavour, e il suo principale strumento quello del compromesso e della mediazione. In questo senso, dunque, appare inevitabile la scelta del governo di arrivare a un accordo, anche cedendo su alcuni punti che prima sembravano inamovibili. Si pensi per esempio all’autonomia concessa agli enti locali sugli orari di funzionamento delle slot: non che l’Esecutivo avesse in mente un diktat mirato a sovvertire il principio di Sussidiarietà come maldestramente ipotizzati da alcuni nello stigmatizzare la partita in corso in Conferenza unificata, con il fine esplicito, al contrario, di arrivare a una disciplina incline alle esigenze manifestate dai territori. Ma si deve comunque ricordare che alla base della trattativa c’era la necessità di ripristinare la sovranità dello Stato centrale nella disciplina del gioco, sancita dalla Riserva di Legge in vigore da diversi anni e ribadita anche dal Parlamento con la recente Legge Delega da cui hanno avuto origine, sia pure in maniera indiretta, anche i lavori della stessa Conferenza. Fermo restando che quello stesso atto parlava anche della necessità di rivedere l’organizzazione dell’intero settore e non di un solo segmento, ma tant’è.
Per tutte queste ragioni, dunque, il finale di partita del "Riordino dei giochi" appare un atto incompleto, e pure mal posto. E ben lontano dal poter essere considerato il compimento di una riforma. Pur continuando ad essere indispensabile ed urgente il raggiungimento di una soluzione, per tutti. Ma la cura non può essere peggiore della malattia, altrimenti è il medico a non essere all’altezza.