“Il legislatore si è fatto carico delle difficoltà lamentate dai concessionari differendo, come preteso dalle ricorrenti, il pagamento di una quota parte del canone mensile (pari ad 4.700 euro per i mesi da gennaio a giugno 2021, per un totale di 28.200 euro) e rateizzandone il versamento a partire dal mese di luglio 2021 e sino a dicembre 2022”.
Lo rimarca il Tar Lazio nella sentenza con cui in parte dichiara improcedibile ed in parte respinge il ricorso proposto da Ascob – Associazione concessionari bingo e da alcune società per l'annullamento della nota con la quale l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha rigettato l’istanza dei ricorrenti del 2020 con la quale le era stata chiesta la sospensione del pagamento del canone relativo alla proroga tecnica e l’autorizzazione al pagamento del canone in misura ridotta a 2.800 euro (producendo per la restante parte un’appendice alla fidejussione o polizza assicurativa già rilasciata in favore di questa Agenzia contenente la precisazione che la stessa è estesa anche al pagamento del canone mensile relativo alla proroga tecnica), l’assunzione di provvedimenti necessari per preservare l’equilibrio economico finanziario delle concessioni bingo, anche in contradditorio con gli operatori, postulando un contrasto con gli articoli 2, 3, 41, 42 e 97 della Costituzione.
I giudici amministrativi capitolini inoltre ricordano che nel contesto della pandemia il Governo ha già esonerato “i concessionari dal versamento del canone per i mesi in cui l’attività di raccolta del gioco fosse stata interrotta a causa dell’emergenza sanitaria”.
Per quel che concerne, invece, “la questione afferente l’invocato potere/dovere dell’amministrazione concedente di riconsiderare – in ragione del mutato contesto economico e di esercizio delle concessioni – l’equilibrio economico finanziario delle stesse, eventualmente anche stabilendo la non debenza del canone o, quanto meno, la sua riduzione, il ricorso deve, invece, essere respinto, osservando il Collegio come, a fronte di una misura legislativamente predeterminata qual è quella relativa alla pretesa del pagamento del canone concessorio fissato dal legislatore all’Agenzia fosse precluso il potere di esercitare qualsivoglia intervento sulla stessa, sia per quel che riguarda l’importo che la tempistica di versamento, come del resto confermato anche dagli interventi legislativi sopra richiamati che, in ragione della pandemia, ne hanno ridefinito le relative scadenze, rateizzandone il pagamento”, si legge ancora nella sentenza. “Ne consegue come l’amministrazione resistente non potesse, dunque, riscontrare l’istanza delle ricorrente fornendo una risposta diversa da quella comunicata nell’atto impugnato, in ragione dell’impossibilità di modificare discrezionalmente con un proprio provvedimento il canone stabilito ex lege per la proroga della concessione”.
Per il Tar poi devono “essere disattese le censure di illegittimità derivata del contestato provvedimento circolare formulate - in via subordinata – dalle ricorrenti in relazione all’asserita illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1047, della l. n. 205/2017 (nella parte in cui, nel modificare l’art. 1, comma 636, lettera a), della l. n. 147/2013, dispone un innalzamento del canone previsto a carico di quei titolari di concessioni del gioco del bingo scadute o in scadenza che intendano partecipare alla futura gara per la riattribuzione delle concessioni medesime), atteso l’intervenuto espresso pronunciamento della Corte Costituzionale, che con la citata sentenza n. 49/2021, ha infatti 'dichiara(to) non fondate le questioni di legittimità costituzionale … sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 41'”.
La Corte infatti “ha affermato la piena legittimità dell’intervento legislativo in questione, in ragione della considerazione che 'Il canone mensile … risulta correlato al vantaggio attribuito ai titolari di quelle scadute, ai quali è consentita, in via eccezionale e transitoria, la prosecuzione dell'attività' e che 'l'incremento degli oneri a carico dei concessionari in proroga tecnica … si inserisce in un quadro complessivo di progressiva valorizzazione dei rapporti concessori e dei vantaggi competitivi che ne derivano per i privati, in funzione di una maggiore efficienza nell'utilizzo delle pubbliche risorse', vieppiù osservando come 'la tendenza all'incremento, anche significativo, dei canoni costituisc(a) - nel quadro di un mercato intensamente regolato, come quello dei giochi e delle scommesse in denaro - un elemento fisiologicamente riconducibile al rischio normativo di impresa'”.
Con riferimento, poi, alla violazione dell’art. 41 della Costituzione –“ invero censurata in relazione all’ulteriore protrarsi della proroga tecnica senza di fatto una precisa delimitazione temporale, conseguendone una privazione per gli operatori della possibilità di valutare la convenienza economica della scelta – la Corte ha ritenuto infondata anche tale questione, nella considerazione che, trattandosi 'di rapporti concessori ormai esauriti, la cui efficacia viene eccezionalmente e temporaneamente conservata dall'amministrazione della nuova gara', non sia 'invocabile una tutela dell'affidamento, connessa alla durata dell'ammortamento degli investimenti e alla remunerazione dei capitali', tanto più in un settore di mercato come quello dei giochi pubblici dove 'la pervasiva componente pubblicistica che (lo) caratterizza … può giustificare l'imposizione di sacrifici o limitazioni, in funzione del perseguimento degli interessi pubblici sottesi alla regolazione di queste attività imprenditoriali'”.
Infine, vengono respinti al mittente anche “i dubbi di incompatibilità europea dell’attuale complessiva disciplina del regime di proroga tecnica prospettati dalle ricorrenti, anche nell’ultima memoria depositata in atti, con riferimento all’indeterminatezza della durata del regime transitorio, osservando il Collegio come la proroga ex lege di cui si discute (da ultimo estesa dall’art. 1, comma 1130, della l. n. 178/2020 al 31 marzo 2023) persegua, prima ancora che interessi privati, finalità pubbliche, in quanto volta a garantire la continuità delle entrate erariali e, contestualmente, a contrastare il gioco illegale, arginato dalla concorrenza esistente nell’ambito dell’offerta pubblica, che il legislatore ha ragionevolmente inteso perseguire anche attraverso un tendenziale allineamento temporale delle concessione di cui si discorre. La proroga non è, dunque, finalizzata ad evitare l’espletamento della futura procedura competitiva, bensì a consentire ai concessionari di partecipare alla procedura per l’assegnazione delle concessioni senza soluzione di continuità e in condizioni di parità.
D’altronde, non è certo il prolungamento dell’efficacia delle concessioni venute a naturale scadenza ad impedire o ritardare l’indizione, nel rispetto della disciplina europea, di una procedura ad evidenza pubblica, osservando il Collegio come, l’omessa loro estensione, in assenza di una procedura competitiva per l’assegnazione delle medesime, avrebbe in realtà un effetto distorsivo della stessa concorrenza in relazione alla conseguente riduzione dei concessionari allo stato esistenti sul mercato dei giochi pubblici, potendo l’ingresso nel mercato di nuovi operatori avvenire semmai solo a seguito dell’espletamento della procedura di gara per l’affidamento delle concessioni di cui si discorre”.