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Canoni sale bingo, avvocato Dagnino: 'Buona notizia per le imprese del settore'

22 novembre 2022 - 18:04

Nuova ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia sui canoni della proroga delle concessioni per le sale bingo, il commento di Alessandro Dagnino (Lexia Avvocati), legale di Coral Srl.

Scritto da Redazione
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“Il riconoscimento dei dubbi conformità al diritto euro unitario della proroga tecnica  è una buona notizia per le imprese del settore che si sentono vessate da un canone solo formalmente 'tecnico', che è ormai divenuto una tassa regressiva, perché gravante maggiormente sui piccoli concessionari”. 

Così l’avvocato tributarista Alessandro Dagnino, managing partner di Lexia Avvocati, commenta la nuova pronuncia del Consiglio di Stato che ha disposto la remissione delle questioni interpretative sulla  proroga tecnica delle concessioni alle sale bingo alla Corte di giustizia europea.

I temi sono noti – ne abbiamo già scritto ieri, 21 novembre  – ma in questo caso la pronuncia riguarda il ricorso della Coral Srl, difesa proprio dall'avvocato Dagnino. “L’introduzione, da oltre dieci anni, di forti restrizioni sulla circolazione delle concessioni, non previste dal titolo originario, pone seri problemi di compatibilità con il principio del legittimo affidamento, avendo causato gravi e perduranti incertezze nel settore delle sale bingo, che hanno impedito ogni possibile attività di pianificazione degli investimenti, ancora una volta a discapito dei piccoli operatori”. 
 

L’ordinanza di rimessione della questione alla Corte che decide della conformità del diritto italiano a quello dell’Unione europea è stata emessa su richiesta della difesa della Coral nell’udienza dello scorso 20 settembre. Con l’atto i giudici chiedono se la proroga tecnica violi il diritto dell’Ue “introducendo l’obbligo di pagamento di canoni concessori, originariamente non dovuti, ed aumentando, successivamente a più riprese i medesimi canoni, sempre determinati in misura fissa per tutti i concessionari a prescindere dal fatturato”.

Inoltre, nel quesito esposto in sentenza, i giudici di Palazzo Spada chiedono che la Corte di giustizia si pronunci della sua conformità degli “ulteriori vincoli all’attività dei concessionari come il divieto di trasferimento dei locali” e della previsione che subordina “la partecipazione alla futura procedura per la riattribuzione delle concessioni all’adesione degli operatori alla proroga”.

La battaglia sui canoni di proroga prosegue da anni, da quando le concessioni delle sale bingo più vecchie sono scadute nel 2013. Da quell’anno il Parlamento ha rinviato il termine per la realizzazione delle gare con una serie di proroghe. Il canone inizialmente era stato fissato a 2800 euro al mese poi è passato a 5mila euro e adesso vale 7500 euro al mese.

In primo grado, di fronte al Tar, è stata anche sollevata la questione di legittimità costituzionale dinnanzi alla Consulta che si era espressa sulla norma con una sentenza monitoria con cui si lasciava aperta la strada della possibile violazione del diritto dell’Unione europea.

Con l’ordinanza il collegio composto dai giudici Claudio Contessa (presidente), Daniela Di Carlo, (consigliere), Sergio Zeuli (consigliere), Maurizio Antonio Pasquale Francola (consigliere) e Ofelia Fratamico (consigliere ed estensore) condivide i dubbi esposti dalla difesa della Coral.

In particolare, dubbi di conformità al diritto Ue desta anzitutto il fatto che “lo Stato italiano ha modificato nel corso del tempo, e in modo significativo, la struttura stessa dei costi di impresa del settore del bingo introducendo l’oneroso meccanismo del ‘canone di proroga tecnica’”.

La sezione del Consiglio di Stato si spinge anche oltre. Anche se la proroga tecnica dovesse essere ritenuta ammissibile per una prevalenza dell’interesse pubblico comunque occorrerebbe valutare la compatibilità della normativa che subordina la partecipazione del concessionario alla procedura per la riattribuzione delle concessioni, alla sua adesione al regime di proroga tecnica “sotto i profili della necessità, indispensabilità, congruità, proporzionalità, utilità del mezzo rispetto allo scopo prefissato”.

Infine, i giudici avanzano dubbi sulla congruità del canone stabilito in quota fissa senza, così si legge nell’ordinanza, “alcuna dimostrata relazione con le caratteristiche e l’andamento del singolo rapporto concessorio”.


 

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