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Il governo accantona Dignità e Trasparenza, non per (il) gioco

02 maggio 2023 - 11:18

Con il decreto Lavoro appena emanato si superano molte delle misure contenute in provvedimenti precedenti e nel decreto Dignità, che rimane vigente solo sul gioco o poco più: in attesa del riordino.

<a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Meloni,_01.23.jpg">Italian Government</a>, <a href="https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/it/deed.en">CC BY-SA 3.0 IT</a>, via Wikimedia Commons

Italian Government, CC BY-SA 3.0 IT, via Wikimedia Commons

“La revisione è un'opportunità unica per generare cambiamenti positivi per il gioco d'azzardo nel paese e per tutte le persone che ne sono interessate”. Parole sante, verrebbe da dire, senz'altro più che condivisibili. Peccato (per noi) che a pronunciarle non sia un esponente del nostro governo e neppure un qualsivoglia rappresentante delle istituzioni tricolori. Si tratta, invece, di uno dei passaggi chiave (almeno, secondo chi scrive) del discorso pronunciato da Andrew Rhodes, Ceo della Gambling Commission britannica, commentando la pubblicazione del Libro Bianco sul gioco d'azzardo nel Regno Unito che dà il via al processo di revisione delle norme vigenti sul territorio, attraverso un ampio percorso di concertazione con tutti gli stackeholder. Per quello che abbiamo già indicato come il “Riordino” del comparto del gioco in salsa britannica, paragonando il vento di cambiamento che soffia dalla Gran Bretagna a quello che (da troppo tempo) aspettiamo di sentirsi levare anche da noi – come è stato più volte promesso – per provare a rinfrescare quell'ampio e confuso corpus di norme e leggi vigenti sul comparto, che oltre a rivelarsi ormai vetusto e fin troppo articolato, risulta oltremodo superato in molti suoi principi base, che devono essere ripristinati (a partire dalla Riserva di legge, scimmiottata dall'annosa e rovinosa Questione Territoriale), oppure revisionati se non del tutto accantonati, come si dovrebbe fare con alcune misure fiscali o con il divieto totale di pubblicità sancito dal decreto Dignità. Invece, nella nostra Penisola, quel vento non soffia ancora. Nonostante le ripetute promesse e al di là delle buone premesse del nuovo esecutivo: il quale è sì intervenuto, ancora una volta, proprio nei confronti del già citato decreto Dignità, superandone in larga parte tutte le prescrizioni ritenute critiche in ottica di competitività del paese, ma senza toccare (almeno per ora) la parte relativa al comparto dei giochi pubblici, che continua ad essere critica e dannosa per il settore. L'ultimo ritocco di quel decreto fortemente voluto dal Movimento 5 Stelle e divenuto legge attraverso il governo “Conte 1”, stavolta, arriva con il nuovo decreto Lavoro appena emanato dall'esecutivo di Giorgia Meloni, con cui viene quasi del tutto scardinato il testo di legge, intervenendo sui contratti a termine, con la cancellazione delle rigide causali legali del 2018 e un’ampia apertura alla contrattazione collettiva. Ma il governo Meloni ha “smontato” anche il decreto Trasparenza, in vigore dall’agosto 2022 ed elaborato dall’ex ministro Andrea Orlando, che andava scaricando sulle imprese una mole di adempimenti inutili, secondo l'attuale esecutivo. Al punto da prevederne la modifica. In particolare, con il decreto Lavoro approvato dal Cdm del 1° maggio entrano quindi in vigore una serie di semplificazioni (e forniti vari chiarimenti) in logica di snellimento delle pratiche e riduzione della burocrazia, per allegerire gli oneri in capo alle imprese e favorire il recupero della competitività per le imprese italiane. Uno scopo, questo, più che nobile, se guardato dall'ottica di chi fa impresa e di quegli imprenditori che, negli ultimi anni, hanno dovuto stringere i denti fin troppo e troppo a lungo, per far fronte alle ripetute emergenze che si sono susseguite nel tempo, rendendo sempre più difficile rimanere a galla: da quella sanitaria a quella energetica, passando per il conflitto in Ucraina: una serie di eventi straordinari che hanno portato tutti alle stesse conseguenze, cioè all'aumento degli oneri e dei costi per le imprese e alla riduzione dei margini operativi. Come sanno bene gli imprenditori e gli addetti ai lavori che operano a vario titolo nell'industria del gioco pubblico, la più colpita, forse, dalla pandemia, dalla quale deve ancora completamente rialzarsi. 
Eppure, ancora volta, il comparto dei giochi è l'ultimo a ottenere riscontri (concreti) dalla politica e a poter beneficiare di misure ad hoc, mirate a risollevarne le sorti, dopo il grande scossone degli ultimi tempi e in aggiunta alle già critiche condizioni in cui verte da tempo il comparto, a causa dei soliti problemi, che nel frattempo continuano a degenerare, pensando nuovamente al conflitto in corso sui territori. Anche se stavolta, come abbiamo già avuto modo di scrivere e sottolineare, la musica sembra diversa e nello spartito impostato dall'attuale esecutivo, ovvero con la legge delega e quell'intero campitolo dedicato al gioco pubblico (il cui iter, peraltro, è appena iniziato in Parlamento), sembra davvero la volta buon per poter arrivare a una vera riforma del comparto. In questo senso, peraltro, suonano come incoraggianti anche le parole pronunciate dai vari rappresentanti del governo Meloni in ottica di politiche economiche e industriali: tutti orientate alla concretezza, nonché alla semplificazione, come visto poc'anzi. Con l'auspicio generale, tra gli addetti del gioco, che tali principi stavolta possano valere per tutti, senza distinzioni. Proprio come accade, e da sempre, in Regno Unito, dove il gioco è davvero una cosa seria e il comparto viene considerato alla pari di tutti gli altri settori economici e industriani, nonché una risorsa per il paese. Come mai accaduto dalla nostre parti e, forse, come mai potrà accadere, anche al cospetto della maggioranza più pragmatica che si possa immaginare. Nel frattempo, però, sarebbe utile sfruttare questo percorso parallelo di (presunta) riforma del gioco, avviato in Regno Unito e in Italia, provando a prendere spunto (noi) da chi ha regolato per primo il gioco d'azzardo, facendolo diventare un asset strategico per la nazione (cioè loro): magari anche imitandone il modus operandi e la prassi istituzionale, e perché no, anche le misure che caratterizzano la loro regolamentazione vigente. La Commissione britannica, in qualità di consulente legale del Segretario di Stato sul gioco d'azzardo, ha elaborato una serie di raccomandazioni per il Governo sulle quali adesso si confronterà nuovamente con l'industria e tutte le parti in causa per valutarne concretamente gli impatti. Avendo tuttavia già impostato i punti di intervente, stabilendo che è necessaria una modifica legislativa su vari fronti ritenuti critici o meritevoli di attenzione. Sottolineando che “L'industria del gioco d'azzardo è cambiata in modo significativo dal 2005 e il nostro consiglio stabilisce cambiamenti che garantiranno che la Gran Bretagna sia il posto più sicuro ed equo per giocare d'azzardo al mondo”, come ha spiegato l'Ad della Gambling Commission. Parole sensate e decisamente condivisibili, come notavamo in apertura: e allora, perché non fare noi in modo che sia l'Italia a diventare “il posto più sicuro ed equo per giocare d'azzardo”? Non è forse questa la vera definizione di piena sostenibilità che si possa applicare al comparto? Ma per fare in modo che non rimanga soltanto uno slogan, bisogna lavorare alla riforma, e subito. Perchè i 24 mesi di vaglio parlamentare della legge delega si esauriscono presto, come pure quelli di proroga delle concessioni vigenti, che nessuno – a quanto pare – vorrebbe ulteriormente rimandare. Almeno, anche qui, stando alle parole, in attesa dei fatti.
 

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