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Giochi e politica: il riordino ha le gambe corte

27 novembre 2023 - 11:08

Mentre si continua a parlare del riordino del gioco e della necessità di una riforma generale del comparto, la politica smentisce sé stessa. Sistematicamente.

Foto da: https://www.pickpik.com/

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Quanta strada dovrà percorerre un'industria prima che un paese possa considerarla tale? C'è da chiederselo, ogni volta, dopo che aver assistito a uno degli incontri pubblici dedicati al tema del gioco pubblico organizzati dalle associazioni di categoria del comparto. Come è ormai abitudine, la trattazione della materia gioco in sedi istituzionali, quando al di fuori dei banchi del Parlamento, finisce col diventare una passarella per i nostri politici nazionali. Ognuno dei quali, che si tratti di memberi della maggioranza come pure dell'opposizione, si presenta con una pseudo ricetta per sistemare la situazione attuale, sottoscrivendo la necessità di un riordino e ricordando l'importanza di tale comparto per l'Erario e per il sistema paese. L'unica differenza che si può scorgere, tra una forza di governo e una di opposizione, semmai, è sul peso delle dichiarazioni: tra chi risulta più prudente e che osa sbilanciarsi un po' di più, sapendo benissimo che promettere quando si è al comando risulta essere molto più sconveniente rispetto a quando si è dall'altra parte. Per il resto, la musica non cambia di molto, da una parte e dall'altra. E i ritornelli sembrano essere ogni volta gli stessi. Con tanto di proclami in difesa della legalità e del giocatori, che solo il sistema del gioco di Stato riesce a garantire. Parole sante, verrebbe da dire. Peccato però che mentre si parla in tali contesti, oppure subito dopo, le stesse forze politiche non perdono l'occasione per prendere posizioni diametralmente opposte rispetto a quelle sbandiarate ai quattro venti davanti al settore. 

L'ultimo esempio si è avuto nelle scorse ore quando in occasione del workshop Enada organizzato dall'Associazione Sapar e Ieg Expo, una fitta schiera di senatori e deputati si è affannata a prendere le difese dell'industria del gioco, davanti ai sui rappresentanti. Proprio mentre alcuni loro colleghi – in questo caso, dell'opposizione – depositavano una serie di emendamenti al disegno di legge relativo alla legge di Bilancio per il 2024 mirati a ridurre (e compromettere) seriamente il perimetro del gioco legale sul territorio. Oltre a proporre – udite udite - un ulteriore aumento dell'aliquota dell'imposta unica sui giochi, proprio mentre veniva dimostrato come l'attuale imposizione fiscale rende già al limiti della sopravvivenza l'esercizio delle attività, finendo col favorire il mercato illegale.

Ma del resto, un atteggiamento simile è riscontrabile anche nelle politiche messe in atto dall'attuale esecutivo, che nel promettere – e, a quanto pare, anche avviare – un percorso di riforma generale del settore, ravvisando la necessità di riordinare l'intero comparto per risolvere le annose criticità che ne considizionano lo sviluppo e anche il normale esercizio, si rimangia in parte le sue stesse parole insieme agli obiettivi anticipando una delle gare per il rinnovo delle concessioni, riscrivendone le regole e creando in questo modo un nuovo e ulteriore squilibrio che sembra andare in direzione completamente opposta rispetto all'idea di un riordino e di una gestione uniforme della materia. Non è forse un caso che, ad oggi, il testo di legge che doveva andare in consiglio dei ministri la scorsa settimana per annunciare la gara sul gioco online, non è ancora uscito con la prima stesura della bozza che è stata ufficiosamente smentita da Palazzo Chigi, dicendo che sarebbe ancora in fase di valutazione. Nella speranza generale (ma forse non complessiva) che si possa decidere di soprassedere, ricercando i soldi altrove e optando per una revisione globale del comparto giochi prima di effettuare qualunque gara. Ma chissà perché, tutto quello che viene detto sui giochi, sembra essere affermato davvero per gioco.

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