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Giochi e politica: superare le divergenze e riformare

17 ottobre 2022 - 12:03

Mentre la politica continua nel solito teatrino post-elettorale e pre-governativo, il settore del gioco pubblico, come gli altri, annaspa: ma è questa la settimana decisiva e il momento della svolta.

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Giochi e politica: superare le divergenze e riformare

Superare le divergenze e legiferare. Potrebbe (e dovrebbe) essere questo il mantra del momento, da ripetere ai nostri rappresentanti politici, che dopo lo strappo avvenuto nella precedente maggioranza che aveva portato alla conclusione anticipata della 18esima legislatura e del governo di Mario Draghi, proprio nel momento forse più difficile nella storia dell'intera Repubblica, si trovano ora a dover ricostituire un nuovo esecutivo. Con le solite facce che, più o meno, al netto di qualche parlamentare volontariamente uscito o silurato dal risultato dei seggi, si alternano tra i Palazzi del potere della Capitale, in cerca di saldare la nuova maggioranza determinata delle urne. Ma se la fine della precedente legislatura è stata quindi caratterizzata da un evidente gesto di irresponsabilità collettiva, la speranza e l'auspicio degli italiani è che si possa invertire la rotta, con i leader dei vari partiti che siano in grado – una volta tanto – di dare l'esempio, gettando il cuore oltre l'ostacolo e iniziare a lavorare seriamente alle varie esigenze degli italiani e sulle non poche emergenze. Superando le divergenze, appunto, e iniziando a legiferare, come suggerivano in apertura. Ma quello stesso mantra si potrebbe applicare anche al caso del gioco pubblico, rivolgendolo ancora ai nostri rappresentanti politici, includendo però, in questo caso, anche quelli di livello locale. Governatori, sindaci e membri delle giunte, più in generale. Sì, perchè nel gioco come in ogni altro comparto dell'economia nazionale, gli addetti ai lavori si trovano a dover affrontare una crisi assolutamente senza precedenti, dovuta ai forti (fortissimi) rincari sugli approvvigionamenti, sia in termini di materie prime che di costi energetivi, che si verificano proprio nella fase in cui le imprese tentavano di ripartire dopo oltre due anni di pandemia e di prolungato lockdown (che nel gioco, come noto, è durato anche ben oltre quello di tutti gli altri settori). Il settore attende da troppo tempo una riforma degna di tale nome e una riorganizzazione generale (chiamatela Riordino o come preferite) che possa consentire di rimettere in sesto l'intero comparto, dal punto di vista gestionale e amministrativo, superando i conflitti tra stato centrale ed enti locali e consentendo di poter bandire quelle gare pubbliche per il rinnovo delle concessioni che aspettano da troppo e delle quali, prima o poi, l'Europa ci chiederà di renderne conto. Con il rischio, per giunta, dell'avvio di una procedura di infrazione, che non sarebbe certo la prima, per il nostro paese, ma che potrebbe risultare particolarmente scomodo proprio nel periodo in cui la stessa Europa ci sta tenendo letteralmente in vita grazie ai fondi destinati al nostro paese dal Recovery fund, che impone un certo rigore sui conti pubblici e sulla gestione dell'intera economia.

Inizio in salita

Eppure, nonostante tutto questo, la 19esima legislatura è iniziata subito in salita. Con le opposizioni che gridano allo scandalo parlando di “una destra che non regge alla prova del Governo e l’Italia non può permettersi instabilità e confusione”, come fa il leader di Azione, Carlo Calenda, chiedendo di dare la parola al presidente della Repubblica per cercare una nuova maggioranza. Mentre Fratelli d'Italia e Forza Italia proseguono con le trattative in vista della definizione della nuova rosa di governo, all'indomani di una brutta pagina in Parlamento, che ha visto la nuova maggioranza spaccarsi clamorosamente già al primissimo voto, relativo alle elezioni dei presidenti delle Camere. Come forse non era mai acccaduto prima. Questa settimana, intanto, vengono eletti i rappresentanti dei gruppi parlamentari e i nomi dei segretari generali dei due rami del Parlamento e i rispettivi presidenti, per poi passare alle vere consultazioni al Quirinale per la formazione del nuovo esecutivo. 
Mentre i temi e le sfide da affrontare, si fanno sempre più complessi ed urgenti. Dal taglio al cuneo fiscale, alla revisione del reddito di cittadinanza, al decreto Trasparenza, che rappresentano già i primi tre punti da trattare. Anche se nel mirino ci sono anche tanti altri punti da gestire, come quelli relativi alle rigidità introdotte dalla riforma Orlando sugli ammortizzatori sociali o quelle del decreto Dignità: queste sì che interessano  da vicino anche il comparto dei giochi. Sì, perchè, a quanto pare, l'intenzione della nuova maggioranza dovrebbe essere quella di andare verso il superamento del famigerato decreto Dignità, già sterilizzato più volte in passato. Dal 1° ottobre, in effetti, il provvedimento con tutte le sue rigidità su contratti a termine e in somministrazione, è tornato di grande attualità, dopo che il 30 settembre è scaduta la prima deroga, l'unica ad essere temporanea, riguardante i nuovi contratti a termine di durata superiore ai 12 mesi (ma non oltre i 24) nei casi previsti dalle causali “contrattuali” (in deroga a quelle “legali”). Le aziende che avranno bisogno di assumere a tempo per gli incarichi Pnrr (contratti di norma di 36 mesi) sono penalizzate. Per proroghe, oltre i 12 mesi, e rinnovi, fin dal primo contratto a tempo, resta invece la possibilità di ricorrere alle più “morbide” causali contrattuali, visto che, grazie a una norma introdotta dallo scorso anno, queste due previsioni derogatorie del Dignità non hanno scadenze temporali. Ma il ritorno, seppur parziale, del decreto Dignità spaventa imprese e operatori, soprattutto ora, nel mutato scenario economico, che rischia di mettere in ginocchio molte aziende con le conseguenti ricadute in termini di creazione e mantenimento dei posti di lavoro. Non è un caso che gli ultimi dati sul lavoro abbiano mostrato una contrazione anche per le assunzioni a termine. L’idea all’interno del centro destra è superare definitivamente le rigide causali legali, lasciando mano libera integrale alla contrattazione collettiva. Ma questa revisione generale del decreto, fortemente voluto dall'ex Ministro Luigi Di Maio durante il primo incarico da ex premier nel governo "Conte 1" e divenuto una sorta di fiore all'occhiello del Movimento 5 Stelle di un tempo, potrebbe portare anche qualche buona notizia al mondo del gioco e a quello dello sport, visto che tra le rigidità del provvedimento c'era anche il “diktat” piovuto sul gioco pubblico attraverso il divieto totale di pubblicità, che oltre a creare seri squilibri nel comparto e nelle regole di concorrenza, è finito col causare problemi non banali all'intero mondo dello sport che ha perso gran parte delle sue sponsorizzazioni, essendo queste legate a società di gioco.
Ma l'emergenza più generale riguarda comunque la ripartenza del mercato del lavoro in generale, visto che gli ultimi dati Unioncamere-Anpal hanno acceso una spia rossa. Nel quarto trimestre dell’anno le previsioni delle imprese sulle nuove assunzioni sono molto negative, con cali generalizzati anche a doppia cifra in settori core come la manifattura. Un allarme che segue quello, lanciato nei giorni scorsi, da Inps e Istat, che hanno evidenziato un ampio ricorso alla Cigs e una riduzione dell’occupazione. Per questo nei primi 100 giorni del nuovo governo Meloni il lavoro sarà una priorità. Come dichiarato apertamente dagli esperti di Fdi, Lega e Fi.

L'urgente riforma del gioco

Di fronte a uno scenario di questo tipo, dunque, mantenere nella totale incertezza e in preda allo sbando uno dei pochi comparti che nel tempo (pandemia a parte) è continuato a crescere, anche in termini occupazionali, come quello del gioco, sarebbe un crimine. Tanto più che in questo settore, a differenza di altri, la soluzione sarebbe davvero a portata di mano. Senza la necessità, da parte dello Stato, di dover attuare chissà quali investimenti per la creazione di infrastrutture o altro: si tratterebbe soltanto di attuare una riforma e di fissare o ripristinare dei paletti in termini di gestione e regolamentazione del comparto, attuando una semplificazione e una razionalizzazione normativa che, da sole, consentirebbero di ripartire nel modo migliore, oltre a consentire una vera e propria messa in sicurezza del mercato, anche agli occhi dei consumatori, visto che – come evidenziano diversi studi interni o esterni al settore – è evidente a tutti che una difficoltà nel settore del gioco legale si traduce inevitabilmente in una ricaduta verso il gioco illegale da parte degli italiani. Con tutti i rischi del caso per i giocatori, ma anche per lo Stato stesso. Ecco perchè bisogna fare bene e bisogna farlo presto. Del resto, va detto, la situazione politica sul fronte dei giochi potrebbe essere anche molto più semplice di prima: ora che il ruolo del Movimento 5 Stelle – notorio oppositore sulla regolamentazione del gioco – è fortemente ridimensionato e ora che all'opposizione ci sono quelle stesse forze che (5 Stelle a parte) avevano già individuato soluzioni o proposte di riordino del settore, nelle precedenti legislature. Come dimostra, per esempio, il disegno di legge specifico sul comparto già depositato dal Partito democratico già nei primissimi giorni di attività del nuovo Parlamento. Allora, cosa attendere per mettere le mani sul settore e attuare quella riforma che si attende da anni e che porterebbe soltanto benefici, a tutti?

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