Ebbene sì, avevamo ragione. Le Banche, nonostante la loro autonomia e facoltà di controllo (nonché dovere), non possono interrompere in maniera indiscriminata i rapporti con gli operatori di gioco. Come quelli di qualunque altro settore. Dopo anni di conflitto tra il sistema del gioco pubblico e quello bancario, durante i quali abbiamo visto moltiplicarsi il numero di dinieghi o interruzioni di rapporti tra banche e imprese del comparto che abbiamo spesso riportato su queste pagine, denunciandone l’assurdità e proponendo, puntualmente, alcune vie di uscita, adesso la soluzione è finalmente arrivata. Nello specifico, a suggerire (precisi) interventi normativi e legislativi è stato un autore qualificato qual è l’avvocato Geronimo Cardia, che ha seguito fin da principio la vicenda (anche) per la nostra testata, trovando in questo network un canale di comunicazione e amplificazione di quel messaggio, così preciso e concreto, al punto da essere diventato ora un testo di legge. Come abbiamo riportato nelle scorse ore sempre su queste pagine, infatti, la Camera ha appena dato il via libera definitivo al Dl Asset (decreto dello scorso 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici) che è stato definitivamente approvato con larga maggioranza. Intervenendo, tra i vari punti, anche sul tema del “de-risking” ingiustificato con cui alcune banche hanno chiuso i conti corrente alle imprese del gioco. Proprio come richiesta a gran voce dagli addetti ai lavori del comparto e nelle modalità suggerite sui nostri canali dal legale Cardia.
“Se la Banca va contro il Banco”, avevamo provocatoriamente titolato, ormai qualche anno fa, denunciando la storia e indicando la possibile via d’uscita. Che alla fine, dunque, è stata accolta.
Una vicenda che possiamo quindi considerare (una volta tanto) a lieto fine per il gioco, che propone un esempio di quanto sia importante il dialogo, il confronto istituzionale e la rappresentanza (oltre al ruolo dell’informazione di settore, che però tralasciamo, non volendo essere eccessivamente autoreferenziali), nonché l’unione di forze, visto che sul tema delle banche si erano sapute confrontare e muoversi in maniera congiunta anche le associazioni che rappresentano le diverse categorie operatori. Proprio perché la materia si è sempre rivelata trasversale, per una piaga che si è manifestata nel tempo un po’ a tutti i livelli.
Ma ora, forse, la vicenda non è destinata a finire qui. Con l'Italia che potrebbe tornare a rappresentare una best practice a livello internazionale. In quanto il caso italiano dovrebbe fare scuola anche a livello comunitario visto che, come abbiamo anche qui testimoniato, una situazione analoga si è manifestata in altri paesi: con il Belgio in testa, seguito oggi addirittura anche dal Regno Unito, come aveva avuto modo di denunciare l’associazione Bacta. Non a caso all’inizio dell’anno anche l’Eba, l'Autorità Bancaria Europea aveva evidenziato la competenza ad “assicurare un livello di regolamentazione e di vigilanza prudenziale efficace e uniforme nel settore bancario europeo”, ricordando alle banche centrali e a quelle di tutta l’Unione Europea che il cosiddetto de risking ingiustificato va bandito perché nocivo al sistema unionale, avendolo peraltro registrato in uno dei paesi membri anche con riferimento al comparto del gioco pubblico. Mettendo in evidenza anche gli strumenti suggeriti dall’Eba alle istituzioni nazionali per il superamento del problema, spiegando che il de-risking inopportuno può essere rimosso con azioni mirate a livello nazionale con il coinvolgimento attivo e sistemico di Istituzioni e operatori. Anche se in Italia la situazione appariva ancora più assurda tenendo conto del fatto che, a differenza di quanto avviene in altri paesi, gli operatori hanno dalla loro parte il sistema concessorio che offre quindi maggiori garanzie agli stackeholder istituzionali, ivi compresi gli istituti bancari, sotto tutti profili. Ma anche e soprattutto in termini di liceità, compliance e antiriciclaggio.
Finalmente, dunque, una buona notizia. Anche in Italia. Chissà se è arrivato davvero il momento in cui si potrà iniziare a considerare il comparto del gioco pubblico come un vero settore industriale, analogo agli altri che caratterizzano il paese, abbandonando pregiudizi e visioni ideologiche? L’attuazione delle legge delega, forse, potrebbe aiutarci a rispondere alla domanda.