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Il ritorno alla normalità: ma nel gioco non sia tutto come prima

28 giugno 2021 - 07:40

Nella settimana in cui decade l'obbligo di indossare la mascherina, il gioco pubblico cerca il ritorno alla normalità, ma invoca un cambiamento.

Scritto da Alessio Crisantemi
Il ritorno alla normalità: ma nel gioco non sia tutto come prima

 

Questa settimana si apre con l’abbandono (seppure parziale) delle mascherine. Un piccolo passo, ma importante, verso il tanto agognato ritorno alla normalità, che tutti aspettiamo, e da tempo. Troppo, a dire il vero, soprattutto in Italia: e in modo particolare tra gli addetti ai lavori del comparto giochi, per i quali l’attesa è stata decisamente più lunga rispetto a quella dei lavoratori di tutti gli altri settori, eccezion fatta per le discoteche. Adesso però tutto sembra tornare verso la normalità, per quanto possa essere possibile dopo un anno e mezzo circa di pandemia e un prolungato lockdown che ha mietuto vittime anche tra le imprese e provocato una serie di difficoltà che gli operatori si porteranno comunque dietro a lungo.

Dopo la riapertura ormai totale dei locali di gioco nell’intera Penisola, completata solo pochi giorni fa con la ripartenza anche in Valle D’Aosta, la fine dell’obbligo di indossare i dispositivi di protezione anche solo all'aperto (e comunque condizionata a una serie di precise indicazioni) assume un significato quasi simbolico, in grado di far percepire agli italiani che tutto sta tornando (più o meno) come prima. Con tutti i vantaggi che ne deriveranno per l'economica, ma anche e sopratuttto nell'equilibrio priso-fisico di ogni cittadino, messo a dura prova da questi mesi di rinuncie, privazioni e costrizioni, anche dal punto di vista sociale.

Nonostante gli entusiasmi, però, adesso è il momento della vera responsabilità, perché non si può e non si deve pensare come se tutto fosse davvero finito. Con la copertura vaccinale ancora parziale e la variante delta (ex indiana) del virus che sta prendendo il largo in Europa, anche se il clima estivo risulta essere un buon antidoto alla diffusione del Covid, dovremmo aver capito che con la pandemia c'è poco da scherzare. Tenendo anche conto che le stime degli esperti parlano già di una ripresa autunnale, dovuta alla stagionalità del virus. Ma per capirne il realte impatto sulla popolazione, tutto dipenderà da come gestire i prossimi mesi, a livello generale. E vale per tutti: visto che i fattori determinanti saranno senz'altro la quantità di popolazione che riusciremo a vaccinare nel frattempo e ai comportamenti che andremo ad adottare. A partire proprio dall'uso della mascherine che, come spiegato dal Comitato tecnico scientifico potrà essere superato solo in zona bianca e all'aperto, ma nel rispetto di una lunga serie di regole che per quanto chiare e precise, sappiamo già che non verranno seguite da una larga parte della popolazione. Nonostante gli operatori del gioco, sotto questo profilo, si siano comportati in modo impeccabile durante la prima fase della pandemia, dimostrando granse serietà e senso di responsabilità nel gestire i propri locali. A preoccupare, tuttavia, è il resto della popolazione. Anche perché – come sempre accade in Italia - alcuni dei limiti indicati rientrano nel campo della libera interpretazione (almeno un metro di distanza; non in condizioni di assembramento e altri ancora, quasi tutti soggetti a una percezione puramente soggettiva). A conferma del fatto che nessuna regola o legge potrà mai essere davvero efficace se non accompagnata da una serie a concreta campagna di informazione, prevenzione ed educazione. Proprio quello che continuiamo a ripetere (e a scrivere) da anni nei confronto del gioco: invitando alla diffusione di una cultura del gioco responsabile e sostenibile, invece di inneggiare alla scomparsa dell'offerta legale, che in questi mesi più che mai abbiamo capito essere un autentico suicidio. Come ben testimoniano i dati provenienti da più ministeri e vari scranni, analizzando il preoccupante trend di diffusione del gioco illecito durante il lockdown.

Se c'è una cosa, in effetti, che si potrebbe cogliere con positività da questi lunghissimi 15 mesi di pandemia è proprio la diffusione ormai trasversale di una certa consapevolezza delle dinamiche che riguardano l'offerta del gioco legale. Nonostante la lunga attesa degli operatori per rialzare la saracinesca, che nell'ultimo periodo è finita con l'apparire quasi inspiegabile, si dovrebbe osservare al cambiamento di visione che c'è stato almeno in ambito parlamentare. Dove in pochi, ormai, osano sparare a zero contro il settore, come avveniva fino a qualche mese fa, mentre un numero sempre più nutrito di deputati e senatori ha iniziato a preoccuparsi del mantenimento di un presidio di legalità sul territorio che solo la rete statale è in grado di garantire. Basti guardare alle interrogazioni, spesso anche puramente trasversali, presentate alle camera per chiedere la ripartenza del settore, o alla recente costituzione di una nuova commissione di inchiesta sul settore che pur avendo – va detto – incontrato delle resistenze culturale e ancora oggi fortemente ideologiche, è riuscita comunque ad essere istituita. Per il bene, ci auguriamo, della collettività: e nell'auspicio che possa contribuire alla creazione di un un'industria sostenibile, che possa quindi rappresentare una risorsa per l'intero paese e non un rischio per i cittadini. Soprattutto se accompagnata da quel percorso di riforme etichettato come il Riordino del comparto, ma ancora oggi soltanto annunciato, e mai attuato, né tanto meno delineato.

Anche in questo senso, dunque, ci sarà bisogno di un approccio responsabile e di un cambiamento, che dovrà stavolta riguardare la politica - governo in testa - più che i cittadini. Perché se è vero che tutti aspettano con grande voglia di poter tornare alla normalità, è altrettanto vero che chi lavora nel gioco l'unica cosa che non vorrebbe mai è che tutto torni come prima. Almeno a livello politico e legislativo. Perché ciò vorrebbe dire ritrovarsi nel più totale immobilismo e in attesa di chissà cosa. Mentre l'industria, già prima della pandemia, era ormai fortemente compromessa da anni di pressoché totale abbandono, che hanno visto il Legislatore occuparsi della materia solo per aggiungere divieti o aumentare i prelievi, senza (pre)occuparsi di tutti gli altri aspetti regolamentari: nonostante l'evidente conflitto in corso sul territorio e in barba alla Riserva di legge che vorrebbe il comparto governato a livello centrale, ma solo in teoria. Mentre la pratica ha sempre seguito altre dinamiche, per quanto assurde e spesso anche pericolose, fino ad arrivare all'evidente paradosso (e imabarazzante, diciamolo pure) di dover sospendere, annullare o modificare praticamente tutte le leggi adottate a livello locale, sulla base della loro inconsistenza, inefficacia o inapplicabilità.

Ma adesso è il momento di guardare avanti e di lavorare per ricostruire, non per distruggere. Facendo ripartire l'economia, mettendo in sicurezza la società e provando a ridare certezze e non solo speranze all'intera popolazione. E' dunque il momento giusto anche per mettere le mani alla riforma del gioco. Se non ora, quando?

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