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L'ombra del Quirinale sul futuro delle riforme

31 gennaio 2022 - 09:33

Al termine di un estenuante ciclo di votazioni, il Parlamento garantisce la sua funzione ma la politica rinuncia al suo ruolo: optando per la continuità che rischia però l'immobilità.

Scritto da Alessio Crisantemi
L'ombra del Quirinale sul futuro delle riforme

Finalmente, abbiamo un presidente. Al termine di ben otto scrutini, Sergio Mattarella è stato rieletto presidente della Repubblica, risultando – peraltro - il secondo capo dello Stato italiano più votato di sempre. Con il premier Mario Draghi che (per ora) può quindi rimanere al suo posto, continuando a ricoprire l'incarico di premier.

In apparenza nulla è cambiato, dunque. Anche se, in realtà, non è affatto così. Anzi. Ciò che è successo in questi giorni ha invece alterato vari equilibri e modificato molte cose dentro i partiti e tra i partiti, sia a destra che a sinistra. Sì, perché, l'elezione del presidente – come spiegato più volte nei giorni precedenti – non è un processo a sé stante, ma si porta dietro, inglobandoli, tanti altri scenari e condizionamenti: dalla durata del governo, con il rischio di elezioni anticipate, alla messa in discussione delle leadership partitiche, oltre a mettere a dura prova anche le varie alleanze politiche, presunte o reali, con impatto non solo su quelle presenti ma anche sulle future. Il tutto in un unico groviglio di decisioni che rappresenta un insieme di giochi politici da eseguire tutti nello stesso momento.

Per questa ragione l'elezione del presidente non può mai essere separata dalle aspettative dei partiti sulle altre questioni sul tavolo, che pur essendo temporalmente distanziate sono influenzate da quanto è avvenuto con la rielezione di Mattarella.

Per il comparto del gioco pubblico, come avevamo ipotizzato qualche giorno fa, lo scenario tecnicamente migliore, almeno sulla carta, poteva essere proprio quello che si è verificato, almeno nel risultato: ovvero, la conferma dello stesso presidente della Repubblica, da cui consegue implicitamente anche quella del premier. L'unica soluzione in grado di garantire continuità nell'azione governativa e il mantenimento degli stessi equilibri in una maggioranza allargata che rimane dunque tale. Tuttavia, nonostante questa stessa soluzione fosse auspicata anche dai mercati internazionali, da Bruxelles e da alcune cancellerie, la scelta della continuità – per come è avvenuta - si è rivelata la più classica delle eterogenesi dei fini. Un esito che pone nuovamente in luce la crisi di un sistema politico incapace di rigenerarsi e, quindi, intrinsecamente instabile. Senza contare, peraltro, che l’ipotesi più concreta è quella di vedere Mattarella dimettersi prima della conclusione di questo secondo mandato, come già avvenuto nel precedente “bis” di Giorgio Napolitano.

La politica ancora una volta si è dimostrata incapace di scegliere con il Parlamento, che, pur facendosi da portatore della soluzione conclusiva, ha in realtà abdicato ancora una volta il proprio potere, garantendo soltanto l'esercizio della sua funzione, ma rinunciando a svolgere il ruolo politico vero e proprio. Dovendo fare addirittura ricorso ad esponenti politici della cosiddetta Prima Repubblica, mostrando l’assenza di figure attualmente all’altezza delle sfide di un Paese in costante declino economico da più di un decennio. La stabilizzazione del quadro politico-istituzionale è, dunque, del tutto artificiale: con il rischio che possano prendere nuovamente piede nuove iniziative politiche anti-establishment, trovando anche un certo consenso tra la popolazione, in una società già fortemente piegata, anche emotivamente, dalla terribile esperienza della pandemia, tutt'altro che accantonata.

E quale sarà l'impatto di questa prorogata crisi politica sull'attuale governo? È questa, forse, la domanda più importante da porsi in queste ore, pensando ancora una volta alle tante riforme in attesa di attuazione, come quella del gioco pubblico. Forse è ancora presto per valutare le conseguenze dirette della nuova elezione, anche se si possono già valutare i possibili scenari e le criticità sul tavolo. A livello di governo, pur prendendo atto della volontà dichiarata dalla “maggioranza” di proseguire l’esperienza, sta già prendendo piede l’ipotesi di un rimpasto. Il monito in questo senso del ministro Giancarlo Giorgetti e ancora prima quello del leader leghista Matteo Salvini, potrebbe portare alla decisione di sacrificare delle figure tecniche, puntellando la squadra con politici (nella speranza che non salti anche l'unico tecnico in carica al Mef). Anche se questa è ad oggi soltanto un’ipotesi. D'altro canto, la perdita di presa politica di Draghi sul Governo e il declino della sua popolarità, avvertito nelle scorse settimane e accentuato dalla maldestra gestione dell’autocandidatura al Quirinale, è al momento occultata dalla pessima performance della stessa “maggioranza” in occasione di questa elezione presidenziale, che ha rivelato anche uno scollamento tra il presidente del Consiglio e i parlamentari.

In questo groviglio di giochi intrecciati, dunque, a risentirne è sicuramente la governabilità del Paese. Anche se non sembra essere a rischio nel breve periodo, visto che la conferma del binomio Mattarella-Draghi ha proprio lo scopo di tenere il Paese al riparo dal caos, in un momento così delicato come quello attuale, in attesa di mettere a terra il Pnrr e nel tentativo di uscire definitivamente dalla pandemia.
 
Il problema, tuttavia, è che le due figure da sole non possono garantire il futuro a medio-lungo termine. Per questo ci vogliono istituzioni rinnovate e una classe politica più responsabile dell'attuale, che in questi mesi dovrà provare a rigenerarsi. Ma è proprio questo il problema dell'ultima parte della legislatura: destinata ad essere dominata dalla riforma della legge elettorale, e fortemente condizionata dall'immancabile campagna elettorale che potrebbe partire già nei prossimi mesi. Una fase in cui appare impossibile pensare di portare a termine riforme più complesse e delicate, proprio come quella del gioco pubblico, dove è già difficile trovare adesioni in tempi normali.
 

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