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La nuova stagione del gioco pubblico

08 aprile 2024 - 08:22

La primavera del comparto segna l'avvio di una nuova stagione per l'intera filiera, che solo in pochi riescono a considerare migliorativa: tra molti rischi (per tutti) e scarse opportunità (per pochi).

Foto di Bich Tran: https://www.pexels.com/it-it/foto/fiori-gialli-della-margherita-sulla-superficie-945453/

Foto di Bich Tran: https://www.pexels.com/it-it/foto/fiori-gialli-della-margherita-sulla-superficie-945453/

Il gioco pubblico si avvia verso una nuova era. Che sia migliore rispetto alla precedente, oppure no, saranno i fatti a dirlo. E i posteri a valutarlo. Sta di fatto però che il cambiamento, come sempre accade, non viene accolto dagli addetti ai lavori con entusiasmo. Non da tutti, almeno. E, a dire il vero, neppure dalla maggioranza di essi. Si, perché a definire questa nuova epoca che si è appena spalancata di fronte alle porte dell’industria è la pubblicazione in Gazzetta ufficiale - nelle scorse ore - del tanto discusso decreto legislativo di riordino del gioco online che, in attuazione della delega Fiscale, è entrato così in vigore a partire dal 4 aprile. Stabilendo (espressamente) dei nuovi requisiti per poter competere sul mercato e fissando (in questo caso indirettamente) delle nuove priorità: a partire da quella più significativa che vede il segmento del gioco online venire prima di tutto il resto è, quindi, dell’intero comparto del gioco terrestre. Letteralmente. La scelta del governo, come noto, è stata quella di anticipare i nuovi bandi per il gioco online (dietro al pagamento una tantum di ben 7 milioni di euro per partecipare), rispetto a tutti quelli in attesa di emanazione e attualmente in regime di proroga (come gli apparecchi da intrattenimento, le scommesse sportive e il bingo), dietro alla motivazione che per questo settore, a differenza  del “fisico”, si poteva agire in maniera più rapida, facendo quindi prima “cassa”, senza dover attendere le lungaggini politiche e burocratiche come lo spinoso passaggio in conferenza unificata dove si erano arenati i precedenti tentativi di riordino generale del comparto. Anche se poi, a ben vedere, l’iter del decreto legislativo attuale ha previsto comunque un passaggio e un’approvazione da parte della stessa Conferenza, che è peraltro risultato anche rapido e indolore. Ecco quindi che la decisione dell'esecutivo diventa ancora più discutibile anche se mai discussa in maniera approfondita, con il governo Meloni che ha marciato spedito verso l’approvazione del decreto superando facilmente tutti i possibili scogli dove la riforma si poteva incagliare. Dai territori al Parlamento, fino all’emanazione in Consiglio dei Ministri e alla pubblicazione in gazzetta ufficiale di qualche giorno fa. Dando così il via a una nuova era per il settore, che oltre a definire la nuova arena competitiva per l’online, riscrive anche le regole per i futuri bandi del gioco del Lotto (la base d'asta parte da 1 miliardo di euro) e il gratta e vinci. Con questi ultimi due bandi che non erano previsti nello schema di decreto originario e sono stati introdotti tenendo conto delle condizioni poste dalle commissioni parlamentari nell'approvare i loro pareri. In particolare, la concessione per i gratta e vinci scade del 2028 e in questo caso il decreto prevede che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli pubblichi “senza indugio” degli avvisi di preinformazione “per divulgare l’intenzione di bandire la gara e raccogliere utili elementi informativi dalla conseguente reazione del mercato”.
Guardando agli aspetti più ragionevoli (leggi comprensibili) della riforma del gioco online, tuttavia, ci sono diversi punti critici che vengono affrontati: a partire dalla “sanatoria” sui cosiddetti Pvr (spunti vendita ricariche) che prevede l'istituzione dell'Albo dei punti vendita ricarica e la conseguente regolarizzazione, al costo di 100 euro annui. Mente sul fronte della prevenzione del gioco patologico, è prevista "la promozione, comunicazione e diffusione di messaggi a soli fini sociali, funzionali alla diffusione del gioco sicuro e responsabile, per la tutela e protezione dei giocatori, in particolare dei soggetti più vulnerabili, e per prevenire e contrastare il gioco patologico, che riportano l’indicazione del logo o del marchio del concessionario che promuove il messaggio", che potrebbe (dovrebbe?) tradursi in una riapertura - o comunque un ammorbidimento - delle regole assai rigide di comunicazione del gioco che oggi vietano di fatto ogni tipo di promozione per le società che vi operano, in virtù del temibile decreto Dignità del 2018.
Tutti aspetti, questi, che l'intera industria auspicava di poter risolvere o comunque gestire da tempo, al di là delle possibili “soluzioni” individuate dall'esecutivo che lasciano comunque perplessi alcuni operatori: ma anche questo è inevitabile, di fronte ad ogni riforma, soprattutto epocale come quella che qui si discute. Quello che viene più che altro discusso oggi e denunciato da una parte della filiera è che tale presunta riforma, nel fissare i nuovi requisiti, estromette un pezzo dell'attuale filiera dalla possibilità di competere sul mercato. Attraverso la richiesta economica senza precedenti (e senza paragoni, sul mercato europeo) e, peggio ancora, attraverso il combinato disposto tra il nuovo decreto di riordino del gioco online e quello “mancato” sul gioco fisico: con il rischio (concreto) che, mentre vengono disciplinate le nuove regole per il mercato telematico, venga lasciato morire quello terrestre, a causa del perdurare della Questione territoriale, che ancora oggi tiene banco nelle aule di Tribunale e in alcuni Consigli regionali, e non più su quelli del Parlamento. Per una riforma che per potersi considerare veramente tale, appare dunque monca, poiché priva di quella parte relativa al gioco terrestre, che comunque continua a generare ancora oggi oltre il 50 percento delle entrate erariali. Ed è proprio per quest'ultima ragione che, al di là delle logiche di mercato e alle posizioni di filiera, fa scricchiolare l'intero impianto legislativo appena impostato dal governo. A cui si aggiunge un'altra considerazione non banale, che riguarda sempre i territori e più in generale, il futuro del comparto, che si potrebbe racchiudere in una domanda: chiedendosi cioè che cosa accadrà sul territorio nel caso in cui dovesse davvero sparire una parte dell'attuale filiera del gioco pubblico, che ha saputo comunque garantire, nel corso degli anni, un prezioso presidio di legalità contro l'offerta illecita, un tempo dilagante e oggi ancora presente, ma in maniera assai meno diffusa, proprio grazie all'esistenza di quel mercato “fisico” che oggi viene messo di fatto in secondo piano. Queste, dunque, sono le considerazioni che il governo dovrà comunque fare, prima o poi, nella definizione delle nuove regole del gioco (letteralmente). Perché se la concentrazione della filiera che rappresenta l'inevitabile conseguenza di tale impostazione legislativa, potrebbe apparire politicamente ragionevole e concretamente comprensibile, tale visione di fatto si scontra con la realtà del mercato che ha fatto della sua forza proprio la capillarità dell'offerta e la parcellizzazione del mercato per un effettivo presidio del territorio. Che dovrà essere garantito ancor più – e non meno - negli anni a venire, visto che l'evoluzione tecnologica e informatica propone sfide sempre più grandi anche nel modo di gestire e quindi scovare le attività illecite. Ma siamo certi che il governo potrà individuare una soluzione anche su questo fronte. Non abbiamo dubbi. Ma siamo impazienti di poterla conoscere. 

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