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Questione territoriale: in attesa del governo parola (ancora) ai giudici

09 gennaio 2023 - 10:13

Settimana decisiva per l’annosa questione territoriale con l’atteso giudizio del Consiglio di Stato in Trentino, territorio ancora ostile al gioco.

Scritto da Alessio Crisantemi
Credits: Tingey injury law firm (Unplash)

Credits: Tingey injury law firm (Unplash)

È arrivato il momento del redde rationem per il gioco pubblico e per l’infinita Questione territoriale, che affligge gli addetti ai lavori del comparto da ormai oltre dieci anni. Tutto era partito, in effetti, nel 2011 dal Trentino, dove la provincia di Bolzano aveva emanato la prima norma di carattere locale contro il gioco, in barba alla riserva di legge vigente sul tema, sfidando palesemente il Legislatore sul campo: e tutto è destinato a risolversi oggi - in un modo o nell’altro - sempre in Trentino.

Dove questa volta è il Consiglio di Stato a doversi esprimere (il 12 gennaio) ma nei confronti della legge emanata dalla Provincia di Trento. Una legge, questa, che è stata dichiarata “espulsiva” del gioco legale da parte degli operatori che si sono difesi nei vari tribunali per provare a salvare non solo i locali dove operano ma anche le loro aziende, che nella maggior parte dei casi subirebbero un colpo letale nel caso in cui dovesse prevalere la linea dura dell’amministrazione trentina.

Nonostante l’evidente (e ripetuto) paradosso che vede un pezzo di Stato andare contro lo Stato centrale e, soprattutto, malgrado il grossolano quanto palese errore metodologico che vedrebbe favorire la diffusione dell’offerta illegale oltre a minare alle fondamenta tutti i principi perseguiti dal Legislatore attraverso la creazione di un’offerta pubblica di gioco. Ma tant’è. Del resto, non si tratta neppure di un unicum ma di un qualcosa che è già successo altrove: e lo sanno bene gli operatori dell’Emilia-Romagna, che sono stati letteralmente saccheggiati delle proprie attività a causa di un diktat della Regione. Ma la colpa, diciamolo pure, è da ricercare senza alcun dubbio a livello centrale e, quindi, nei diversi governi che si sono susseguiti in questi undici anni, che sul gioco hanno sempre scelto di non scegliere, lasciando che la situazione evolvesse, in negativo evidentemente, fino a precipitare: arrivando al punto in cui ci troviamo oggi, in Trentino e non solo.

I governi degli ultimi anni, sulla materia, hanno taciuto due volte, anzi tre: la prima, decidendo di non impugnare le leggi regionali “anti-gioco” nelle sedi opportune, cioè attraverso il Consiglio dei Ministri che è chiamato di volta in volta ad avallare ogni iniziativa di carattere regionale; la seconda, decidendo di non affrontare mai compiutamente la situazione attraverso l’attuazione di una riforma, coinvolgendo anche il Parlamento, per rimettere in ordine il comparto; mentre il terzo silenzio (assordante) è stato quello che si è registrato nei vari tribunali in cui si è discussa in questi anni la materia, dove lo Stato non ha mai difeso con forza la Riserva di legge applicata al settore e i sacrosanti principi fondativi che l’avevano generata.

Ritrovandoci dunque nella situazione attuale, che il Consiglio di Stato è chiamato ora a giudicare, facendo ancora una volta da supplente al Legislatore nazionale e al governo di turno, come nella peggiore delle tradizioni italiane. Tutto questo mentre la situazione è divenuta talmente ingarbugliata dal mettere in difficoltà anche le stesse istituzioni locali che tali leggi le hanno promulgate, attuate e difese, spesso anche con forza, almeno fino al momento della loro piena attuazione. Quando però arriva il momento di fare i conti con la realtà, arrivando a comprendere le vere conseguenze di un certo tipo di azione legislativa, capace di eliminare imprese e posti di lavoro sul territorio oltre a creare rischi in termini di sicurezza e illegalità, allora la musica cambia e la prudenza incombe: motivo per cui anche la provincia di Trento sta invitando i propri comuni ad attendere il giudizio e stessa ragione per la quale tanti altri territori hanno deciso di fare marcia indietro, sospendendo e modificando le proprie leggi anti-gioco o rimandandone l’applicazione. Magari in attesa di un’azione governativa e di quell’atteso Riordino, mai attuato e neppure avviato, ma solo millantato.

Oggi, quindi, il governo di Giorgia Meloni ha l’opportunità di invertire la rotta: rompendo la linea lassista perseguita dagli ultimi esecutivi e rimettendo in ordine non solo il comparto, ma anche l’ordinamento nazionale, risolvendo quella profondo anomalia della regolamentazione regionale applicata a un settore coperto da una riserva di Stato. Provando a realizzare quella piccola, grande riforma che darebbe dunque stabilità al paese, e non solo alle imprese del gioco, gettando le basi per un futuro all’insegna della sostenibilità. L’obiettivo è più che nobile, la soluzione neppure difficile e l’occasione è a portato di mano: basta solo volerlo.

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