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Vedi Napoli e poi muovi

27 maggio 2024 - 10:25

Ancora una volta, la Campania si propone come un esempio di “buona pratica” nella gestione e regolamentazione del gioco pubblico, dimostrando un approccio pragmatico e orientato alla vera sostenibilità.

Giuseppe Guida, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

Giuseppe Guida, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons

Più di una volta, parlando di regolamentazione del gioco pubblico e di possibile soluzione all'annosa Questione territoriale, ci è capitato di citare l'esempio della Regione Campania come potenziale modello da seguire. Avendo potuto toccare con mano i risultati concreti ottenuti sul campo – come si usa dire in questi casi – dopo l'adozione di una legge regionale definitiva, individuata dal legislatore locale come azione correttiva in seguito a un precedente tentativo regolatorio decisamente maldestro, cioè simile a quello di tutte le altre regione che in un modo o in un altro hanno deciso di mettere le mani sul gioco. Solo che la Campania, quando ha deciso di rimediare agli errori commessi con la prima edizione della propria legge, più o meno come hanno fatto poi tutti i territori, avendo compreso l'insostenibilità delle proprie azioni, si è distinta per l'approccio aperto utilizzato, chiamando tutti gli stakeholder che intervengono nella filiera, a vario titolo, in una concertazione generale, alla quale hanno partecipato non solo gli addetti ai lavori del comparto, ma anche giuristi, esponenti del Terzo settore ed esperti vari. Il risultato, come dicevamo, è una legge sì restrittiva, ma comunque ritenuta sostenibile da tutte le parti, poiché in grado di garantire una corretta diffusione del gioco sul territorio, mantenendo un presidio di legalità e sicurezza e un'offerta calmierata e monitorata anche negli effetti sulla società. Per questa ragione, anche in ottica di riordino generale che il governo di Giorgia Meloni sembra davvero voler avviare nei prossimi mesi, ci siamo sentiti di indicare il modello campano come meritevole di osservazione. Un tema proposto e sostenuto anche in occasione della recente Ige – Italian gaming expo & conference di Roma, dove una tavola rotonda dedicata alla Questione territoriale ha proposto riflessioni anche attraverso la partecipazione dell'assessore del Comune di Napoli (nonché ex sottosegretario all'Economia) Pier Paolo Baretta: uno che di giochi se ne intende.
Ma a confermare ulteriormente la bontà del “modello Campania” nella regolamentazione del gioco pubblico è stato l'evento dei giorni scorsi andato in scena ancora una volta a Napoli, attraverso l'osservatorio regionale sul gioco d'azzardo, istituito un anno fa, e ora pronto a fornire i suoi primi dati e le indicazioni utili per una corretta gestione della materia. E anche in questo caso, a differenza di quanto avvenuto altrove, ad essere stati inseriti nell'organismo sono anche gli operatori del gioco, per via del loro ruolo di “terminali sui territori che aiutano a individuare i soggetti afflitti dal gioco patologico e a escludere dalle location di gioco i minori”. Una definizione ben nota a chi lavora nel settore, ma un po' meno per chi si trova dall'altra parte, rappresentando la politica o il Terzo settore: ma in questo caso, tuttavia, la buona notizia è che a sottolineare tale passaggio è invece un politico di primo piano qual è il governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca. Secondo il quale “Dai gestori quindi può e deve venire un contributo importante per evitare che il problema dilaghi”.
Spiegando che attraverso di loro e mediante la legge della Campania “Abbiamo un punto di osservazione importante, che può aiutare la Regione a calibrare le iniziative da mettere in campo e a verificare la loro utilità concreta. Sicuramente, è una bella esperienza che si integra con quella della legge regionale per la presenza degli psicologi nelle strutture sanitarie pubbliche”. Ecco perché è lecito parlare di esperienza virtuosa in Campania e di possibile modello da seguire anche a livello nazionale. Sottoscrivendo ancora le parole di De Luca, è evidente che bisogna avere una “posizione realistica e ragionevole, visto che quello del gioco non è un fenomeno che si cancella dalla mattina alla sera, o con un appello alla virtù” e che “muove interessi enormi” a livello locale e ovviamente erariale.

Sottolineando anche l'altro ruolo importante nel contrasto al gioco patologico rivestito dai Comuni, anche se in questo caso diventa più facile trovare le contraddizioni che le conferme, spostandosi in altre zone della Penisola. Ma è pur vero che da qualche parte si deve pur cominciare e pertanto ben venga l'esempio della Campania, che una volta tanto (non ditelo a De Luca!) riesce a proporsi come un esempio di corretta regolamentazione e non più come emblema della deregulation come appare invece agli occhi dell'opinione pubblica (ovvero, ironia della sorte, esattamente come avviene nel caso del gioco pubblico, quale settore soggetto a un'iper-regolamentazione ma che appare come fuori controllo alla massa).
Ben venga quindi l'azione intrapresa dalla Campania e i vari momenti di incontro promossi sul territorio, con il nuovo atto che andrà in scena proprio questa settimana, quando l'associazione Agsi organizza un nuovo confronto per “costruire insieme le regole del gioco”. Ricordando fortemente anche – e soprattutto – l'importanza del gioco terrestre e del presidio del territorio, evitando di (pre)occuparsi soltanto dell'online. Come dire; vedi Napoli e poi muovi i fili della regolamentazione.

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