Sicuramente, per quello dei distributori delle slot machine sul territorio, vale a dire i gestori, che vengono stretti in una morsa sempre più opprimente e, a quanto pare, difficilmente sostenibile. Nonostante il governo abbia pensato bene ad
intervenire sul payout per compensare l'
aumento del Prelievo sulle slot – passaggio inevitabile per intervenire ancora sulla tassazione degli apparecchi – i tempi stabiliti per il passaggio al nuovo regime risultano eccessivamente ristretti, tenendo conto che le macchine in attività andranno sostituite con altre di nuova produzione che non potrebbero essere disponili sul mercato prima di qualche mese, costringendo gli operatori a lavorare in passivo in un primo periodo. Tenendo anche conto, poi, che le nuove macchine andranno acquistate, per un nuovo e ulteriori investimento “forzato” dalla legge, che non risulta essere neanche il primo. Questa volta però la situazione è decisamente diversa dalle precedenti, soprattutto perché alla nuova tassazione il governo ha aggiunto la
limitazione degli apparecchi sul territorio inibendo il rilascio di nuovi nulla osta e disponendo un ulteriore ricambio del parco macchine già nel 2018, introducendo le slot “da remoto” di cui nessuno conosce ancora la reale entità. Ciò significa che i gestori dovranno comprare nuove macchine, in fretta e furia, per compensare il salasso del Preu, ma le stesse macchine non potranno più essere utilizzate dopo il 2019, quando dovranno essere completamente sostituite dalla futura generazione di apparecchi. Per un ammortamento che appare decisamente improbabile.
A digerire con fatica le nuove disposizioni, tuttavia, sono anche gli operatori dell'online, che pur avendo incassato la buona notizia dell'introduzione della tanto auspicata
tassazione sul margine, si trovano a subirla con un'
aliquota al rialzo (22 per cento contro il 20 per cento preventivato) e
superiore, nel caso delle scommesse sportive, di
quattro punti rispetto all'offerta sul canale fisico, per un disallineamento che lascia perplessi i player puramente virtuali. Per non parlare poi delle norme sulla pubblicità dei giochi che sono ben più razionali rispetto al divieto assoluto richiesto a gran voce negli ultimi mesi da una parte di Parlamento, ma che risulta forse troppo severo introducendo una fascia oraria per radio e Tv che ricopre gran parte della giornata.
Nonostante tutti questi rischi e le varie anomalie, nelle ultime ore si stanno susseguendo gli
endorsement di vari ministri e alcuni parlamentari che si affrettano a plaudire rispetto al coraggio mostrato dall'esecutivo nel disporre le nuove regole del gioco. Facendo riferimento a una riforma che il governo aveva annunciato e (virtualmente) intrapreso qualche anno fa, attraverso la Delega fiscale, e che adesso verrebbe in parte attuata con la Legge di Stabilità. In realtà, quella proposta oggi dalla manovra finanziaria, è una riforma
à la carte. Una specie di gioco di prestigio politico mirato, ancora una volta, a spostare in avanti il problema senza affrontarlo davvero nel merito. Preoccupandosi, però, di portare a casa qualche denaro in più, come richiesto da una manovra finanziaria, e mettendo quindi qualche toppa dove necessario, per fare in modo che questi soldi in più entrino davvero. Non come lo scorso anno, con i “buchi” creati dal rinvio delle gare pubbliche e da un mal disciplinata riduzione degli aggi sulla filiera delle slot. Insomma, la solita manovra per fare cassa, e poco più. Anche se il governo respinge con forza questo tipo di considerazione, fin dal principio, ma tant'è. Sì, perché una riforma degna di tale nome, intanto, non dovrebbe essere inserita all'interno di una manovra finanziaria, ma realizzata attraverso l'istituzione di un codice specifico, come la Delega fiscale - non a caso - prometteva (e chiedeva) di fare. E, soprattutto, prevederebbe la concertazione con le varie parti in causa coinvolte nel processo che si intende riformare. Mentre nei giochi, la concertazione sviluppata nei mesi scorsi era arrivata a un punto morto e a una serie di obiezioni da parte degli operatori che non hanno mai trovato risposta. Ma oggi il governo getta di nuovo la palla avanti e prosegue con la politica dell'annuncio. Fissando un limite di quattro mesi per trovare la quadratura del cerchio con gli Enti locali (dopo tre anni di tentativi mai andati in porto, per scongiurare la debacle dei bandi di gara per le nuove concessioni previsti per giugno) e provando a diffondere un clima di ottimismo attorno al settore, decisamente necessario per raggiungere l'obiettivo sul territorio, per dimostrare di avere in pugno la situazione. Disseminando in questo modo la percezione di una vera riforma del settore, mentre, al contrario, è proprio (e soltanto) la percezione del settore che si intende a riformare. Che sarà pure un passaggio necessario per il comparto (e di cui si potrà rendere merito all'esecutivo se riuscirà davvero nell'impresa), ma niente affatto sufficiente.