Il nuovo governo è arrivato. Ed è già al lavoro sulle varie priorità che affollano l’agenda di Palazzo Chigi e che dovranno essere svolte insieme e al di là di tutte le pratiche previste dalla prassi istituzionale per la messa in funzione dei nuovi dicasteri. Dopo settimane di totoministri e di trattative tra le forze che compongono la maggioranza, la nuova premier Giorgia Meloni ha svelato le sue decisioni per la scelta della sua squadra di governo.
Alcune delle quali, peraltro, sarebbero state perfezionate all’ultimo minuto. Non senza polemiche, come sempre accade in questi casi. Soprattutto quando ci sono veri e propri cambiamenti, anche radicali, come stavolta. Partendo dalla decisione di attribuire all’ex ministero dello Sviluppo economico una nuova mission, definita nella nuova denominazione, che diventa “delle Imprese e del Made in Italy”. Affidandone il timone, peraltro, ad un esponente di primo piano di Fdi come Adolfo Urso (invece che a Guido Crosetto, chiamato alla Difesa). Un segnale chiaro, quanto meno simbolico, del lavoro che si vuole svolgere in questo legislatura, puntando alla (ri)affermazione dell’industria italiana dentro e fuori i confini nazionali, tutelandone e incoraggiandole lo sviluppo.
Anche il ministero dell’Istruzione, affidato a Giuseppe Valditara (uno dei consiglieri di Matteo Salvini, con un passato in An) è stato leggermente ritoccato nella fisionomia, assumendo la denominazione di “Istruzione e merito”. Un restyling che rappresenta, anche qui, un segnale preciso della rotta che su questo versante intende seguire l’esecutivo. Alimentando, almeno sulla carta, le speranze di chi lavora nei vari settori che compongono l’economia nazionale. A partire da quello del gioco pubblico, che cerca da sempre (ma invano) una sua affermazione, puntando proprio sul valore del Made in Italy e delle competenze, che invece sono state finora bellamente ignorate. Da tutti i governi, senza alcuna eccezione; seppure con qualche piccola differenza, ma comunque non degna di nota, vedendo il risultato finale, che è esattamente analogo al punto di partenza in cui ci si trovavano all’inizio della precedente legislatura e anche di quella prima. Ovvero, in una situazione di crisi del comparto, in attesa di una riforma generale attesa ed urgente, che non è mai arrivata.
E allora, che si riparta davvero dal merito, mettendo avanti prima di tutto le competenze. Questo vorrebbe dire, per esempio, dare il giusto peso a un settore, come quello del gioco, in grado di garantire ogni anno allo Stato svariati miliardi, oltre a garantire un fondamentale presidio in termini di legalità e sicurezza sul territorio. Ma potrebbe anche significare di iniziare ad ascoltare un’industria che si distingue per l’alto tasso di innovazione tecnologica e per l’impiego di notevoli eccellenze, facendola sedere a dei tavoli di concertazione o confronto come avviene per altri settori. Fino ad arrivare alla stesura ed emanazione di una vera riforma, come quella promessa e auspicata da tempo, e non solo da chi lavora nel comparto.
Oggi però è ancora presto per fare ipotesi e previsioni su quella che sarà la linea che intenderà seguire il nuovo governo nei confronti del gioco. Con le prime riflessioni che potranno essere fatte solo all’indomani delle altre nomine che andranno a completare il quadro del nuovo ministero dell’Economia, ora affidato a Giancarlo Giorgetti: uomo vicino alle imprese per competenze e vocazione, ma senza essersi mai espresso apertamente sulla materia. Bisognerà quindi vedere chi saranno i sottosegretari scelti per completare il team del Mef e se (ma anche quando) verrà assegnata una delega al settore del gioco, che è un passaggio probabile ma niente affatto scontato.
Per ora però, quel che è certo è che il nuovo governo segna un forte segno di discontinuità, visto che non mancano le novità rispetto all’assetto dell’esecutivo uscente nella compagine governativa annunciata dalla neo-premier Giorgia Meloni. Nonostante i molti nomi noti che si ritrovano nella squadra, con svariati ritorni di figure già appartenenti a precedenti esecutivi. A fare notizia, per esempio, è stata la scomparsa del dicastero della transizione digitale, che a primo acchito non rappresenta proprio un bel segnale, ma tant’è. Mentre in parte con un ritorno al passato, ma anche con vesti nuove, si presenta il ministero che avrà in cabina di comando Francesco Lollobrigida, un altro uomo molto vicino a Meloni: quello delle Politiche agricole, trasformato in Agricoltura e sovranità alimentare, su cui punta molto il comparto dell’ippica.
Una potenziale bella notizia per il mondo del gaming arriva invece dal ripristino del dicastero dello sport e delle politiche giovanili, con alla guida Andrea Abodi. Un uomo concreto e pragmatico, con una formazione da economista e una grande conoscenza del mondo dello sport e della politica, abituato a gestire situazioni difficili e a guardare alla sostanza, che ha già sfiorato più volte il tema del gaming, nel suo ultimo incarico alla guida del Credito sportivo italiano, soprattutto nell’ambito del rapporto tra sport e scommesse. E tenendo conto della richiesta più volte sollecitata dal mondo dello sport prima ancora di quello del gioco, di intervenire sul decreto Dignità rivedendo il divieto totale di pubblicità inflitto dal governo Conte 1, Abodi potrebbe essere la persona giusta per farlo. Attraverso la sua abilità nei rapporti e nelle mediazioni, oltre alle competenze sui vari fronti di interesse.
Insomma, le premesse con cui ha preso il via la nuova legislatura non sono affatto negative per l’industria del gioco. Ma per ora non si può fare altro che augurare a tutti un buon lavoro. Ma pensando soprattutto alle imprese, prima ancora dei nuovi ministri: perché tornare a lavorare in modo sereno, per le imprese italiane, sarebbe già un primo risultato, in un momento difficile come forse pochi altri nella storia della Repubblica, con una serie di incognite e una crisi generale, dettata soprattutto da rincaro energico, che rischia di far saltare ogni giorno varie attività, ridotte ormai sul lastrico. E a proposito dei cambiamenti di questa epoca, ci sarà anche quello delle metafore utilizzate nel linguaggio comune, visto che non si potrà più nemmeno parlare di imprese o famiglie ridotte alla canna del gas, tenendo conto del costo di questo combustibile, di questi tempi.