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Giovanna Marini: 'Io gioco con la voce!'

08 agosto 2020 - 07:08

La vita, i dischi e gli incontri – da Pasolini a De Gregori – di Giovanna Marini, la folk-singer che ha fatto (e raccolto) la storia della musicale popolare italiana.

Scritto da Francesca Mancosu

Nelle settimane di “reclusione forzata” fra le quattro mura della propria casa, è capitato comunque di fare incontri straordinari, anche se a distanza. Come quello che la sorte – e il telefono – ci hanno permesso di fare con Giovanna Marini, fondamentale “ponte” verso il grande pubblico per la conoscenza del canto politico e sociale e delle musiche popolari tramandate oralmente, che cerca, studia e raccoglie instancabilmente da ormai 60 anni.

Un lavoro che prosegue ancora oggi, con le lezioni – in questi giorni faticosamente portate avanti online – agli studenti della Scuola di musica popolare del Testaccio di Roma, da lei fondata nel 1974, e con la (ri)scoperta delle tradizioni dei territori, fermata, solo momentaneamente, dall'avanzata del coronavirus.

“Ad aprile dovevamo andare a San Marzano a registrare tutti i canti della Passione napoletani che sono molto interessanti”, racconta. “Non abbiamo potuto farlo, purtroppo, visto che questa situazione ci ha fatto ridurre le cose all'osso, obbligandoci a non cogliere più niente nella sua interezza”.

Senza dimenticare la produzione di dischi, dagli storici album pubblicati con le Edizioni del sole fino al Cd “Cantata a Riace”, uscito nel 2019, e di colonne sonore, accompagnando tutte le opere di Citto Maselli, "Fabbrica" di Ascanio Celestini e “I-Tigi. Canto per Ustica” di Marco Paolini, e pochi mesi fa il documentario “A Sud della musica - La voce libera di Giovanna Marini”, a lei dedicato. 

Un viaggio scandito dagli incontri con personaggi che hanno condiviso parte del suo cammino o le hanno “indicato la strada”. In primis Pier Paolo Pasolini, a cui nel corso della sua carriera ha dedicato diversi dischi. “Lo incontrai fra il 1959 e il 1960 ad una cena dove io dovevo suonare la chitarra per intrattenere gli ospiti (diplomata in chitarra classica, si era perfezionata accanto ad André Segovia, Ndr) che erano tutti eminenti personaggi: Umberto Eco, Masolino D'Amico, Enzo Siciliano. Mi chiese di cantare ma io mi rifiutai perché pensavo che intendesse qualcosa tipo 'Jingle bells', visto che era Natale, e poi mi suggerì di ascoltare alcuni dischi di musica popolare che erano appena stati pubblicati dalle Edizioni Avanti, dei socialisti. Io per di più ignoravo che Pasolini aveva appena pubblicato il 'Canzoniere italiano', nel 1958.

Tempo dopo lo rividi a casa di Laura Betti (con cui Pasolini ebbe un lungo sodalizio artistico e umano, Ndr), mentre lavoravamo a un disco di canzoni intelligenti, che poi Cochi e Renato hanno messo in circolo con garbo nella loro trasmissione 'Il povero e il contadino'. 

Ogni tanto lui metteva la testa dentro, ci diceva due o tre cose su quello che sentiva, ci dava un suo parere. Io da quelle parole lì imparavo un sacco di cose. Per me lui è stato una folgorazione”.

Lungo il cammino poi Giovanna ha lavorato con tantissimi altri artisti“straordinari”, fra i quali figura anche Dario Fo, con cui ha allestito lo spettacolo di canti popolari “Ci ragiono e canto” (nel 1965), Paolo Pietrangeli, conosciuto ai tempi del leggendario Folk studio di Roma, che vide gli esordi di alcuni dei maggiori cantautori italiani, da Rino Gaetano ad Antonello Venditti e Francesco De Gregori, di cui racconta un tenero ricordo.

“Lo vidi per la prima volta poco dopo la nascita del 'Nuovo canzoniere Italiano' (gruppo musicale che dal 1964 reinterpretò brani popolari legati alla protesta sociale, al lavoro, alla Resistenza, Ndr). Aveva 16 anni e mi colpì per la sua bellezza, sembrava un dipinto, uno degli angeli di Raffaello. Voleva sempre cantare con noi, ma trovava che il canto politico 'diretto' fosse una totale mancanza di poesia, e io gli davo ragione. Negli anni seguenti provò più volte a dirmi di 'fare un disco insieme', perchè gli piacevano i canti anarchici, delle mondine, ma io l'ho sempre scoraggiato.
 
E poi, quasi 20 anni fa lui comparve a Monte Porzio Catone, dove vivevo da un po', e mi disse: 'Dai, facciamolo 'sto disco adesso, che ti frega'. Gli ho detto 'sì, hai ragione' e l'ho fatto (Il fischio del vapore, che le valse la Targa Tenco, dopo il Premio conquistato come cantautrice nel 1983, Ndr), ed è stato bello. I tempi erano maturi. Si poteva cantare queste cose cogliendone gli aspetti più belli”.

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