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Quando gioco lascio il segno!

06 maggio 2013 - 16:06

Eclettico, alla mano e baciato dalla dea bendata. Stefano D’Orazio, dopo una lunghissima carriera come batterista e paroliere dei Pooh, sta proseguendo lungo una strada ‘da solista’ altrettanto fortunata, e il suo musical W Zorro è in questi mesi in tour nei più prestigioso teatri italiani.

Scritto da Redazione GiocoNews

Ma del resto, quello con la fortuna è un rapporto di lungo corso. Già da quando, assieme a Red Canzian, Roby Facchinetti e Dodi Battaglia, dopo le esibizioni sul palco dell’Ariston si metteva alla prova anche alla roulette del Casinò di Sanremo. “Certo che mi è capitato di andarci! E poi sono estremamente fortunato, ma non ho la libidine di insistere una volta che vinco. Ogni volta che vado al Casinò gioco alla roulette i numeri del giorno in cui sono nato, quindi, 12, 9, 48, e uno di quei tre esce mi esce sempre pieno. Ma il giorno dopo non torno a rigiocare quanto ho vinto”.

Che rapporto hai con il mondo del gioco?

“Positivo e distaccato, non gioco la schedina e non sono alla ricerca della fortuna, anche se è lei che mi cerca. Sono il tipo che se va a una cena dove è stata organizzata una lotteria vince il telefonino in palio. Infatti ormai quando vado a questi appuntamenti lo dico subito che vincerò io, anche se poi qualcuno pensa che ho barato. E quando vinco, come detto, non torno a prendere un altro biglietto”.

Musicista e paroliere, il gioco ha mai ispirato qualche tuo testo?

“C’è un pezzo che si chiama ‘Buona fortuna’ nella nostra discografia e che è ben augurale. C’è questo personaggio chiamato ‘buona fortuna’ perché affronta le cose con la positività che fa la differenza. Suonare è un po’ giocare, e anche nel gioco ti devi porre vincente, non devi sfidare il destino, ma devi avere fiducia in lui e se ci credi, arrivi. Il senso di molte nostre canzoni è la positività e che bisogna avere il coraggio di essere incosciente”.

Dopo Pinocchio, Alladin e Mamma mia, inizia una nuova avventura in teatro, W Zorro di cui sei autore di testo e liriche. Come mai la scelta di portare in scena, con un musical, il celebre eroe mascherato?

“L’idea nasce inciampando su una serie di ricordi che avevo da bambino, la maschera di Zorro che a Carnevale mi mettevo per andare a sentirmi eroe a Piazza Navona e che mi è riapparsa in un baule durante un trasloco. Allora mi sono chiesto: perché non raccontare una delle fantasie che Zorro ha evocato in libri o cartoni animati? È un eroe estremamente contemporaneo, c’è bisogno di qualcuno che difenda la giustizia. Zorro nasce nel 1600, era di origine irlandese ma trasmigrato prima in Spagna e poi in Messico. Da qui è partita la fantasia che mi fatto diventare protagonista. E quando la storia è stata scritta mi sono sentito con Roby (Facchinetti ndr), la persona più giusta per mettere in musica queste emozioni e tutte le cose divertenti, paradossali e comiche di questa storia. Le musiche sono straordinarie e perfette, non ne abbiamo scartato nessuna, ed è venuta fuori una cosa che naviga verso due lidi. Da un lato ha tutti gli elementi per far divertire i bambini, ma l’altra chiave di lettura sono i sentimenti e i piccoli messaggi che questa storia ingenua può raccontare. Stiamo facendo una cosa che ci sta crescendo addosso, dopo essere partiti con l’idea di fare un musical onesto e trasparente”.

Quando hai lasciato i Pooh hai scritto: “Il mio futuro non è più così lontano e tutte le ‘altre cose’ che ‘prima o poi’ mi ero promesso di fare pretendono di essere fatte. Quali sogni ha già realizzato e quali sono pronti a essere tirati fuori dal cassetto?

“Al momento sto inciampando nelle situazioni, mi lascio vivere e condurre dall’entusiasmo, un tempo raccontavo le storie in tre minuti, ora in un paio d’ore e faccio andare la fantasia. Il musical è perfetto perché racconta per esempio l’amore per sempre, un sentimento in cui tutti ci riconosciamo! Poi se mi verrà qualcos’altro in mente, visto che non sono più al secondo tempo, ma addirittura ai supplementari della vita, la farò e senza dispiaceri. C’è però da dire che sono fortunato e che quando le cose vanno bene è più difficile lasciarle, ma vale sempre il detto che quando chiudi una porta si apre un portone”.

La fortuna ha dunque ha avuto un ruolo nella tua lunga carriera… “Assolutamente sì! Nella vita il talento, lo studio, l’applicazione sono importantissimi ma bisogna avere anche un po’ di fortuna, e io, diciamolo, ne ho avuta tanta!”

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