Valerio Mastandrea: 'La regia, la mia nuova scommessa'
Valerio Mastandrea torna ad affrontare il tema delle morti bianche, stavolta nel ruolo di regista e sceneggiatore: “Si tenga alta l'attenzione su questo tema”.
Da un lato all'altro della cinepresa il passo è breve. Almeno, se lo si compie fisicamente. Ma rappresenta una vera scommessa, una vera sfida artistica, per uno tra i più apprezzati e amati attori italiani, Valerio Mastandrea, che a dicembre 2018 ha presentato il suo primo film che lo vede regista e co-sceneggiatore. “Ride”, questo il titolo, affronta il difficile tema delle morti bianche, e di come “chi resta” fronteggia il dolore di una perdita improvvisa, peraltro da condividere, volente e nolente, con una collettività commossa.
In realtà, non è la prima volta che l'attore romano si cimenta con l'emergenza sempre attuale delle morti sul lavoro. Lo aveva fatto nel 2005, quando aveva esordito alla regia con il cortometraggio Trevirgolaottantasette (questa la media delle persone che ogni giorno, in Italia, muoiono per lavoro), su soggetto di Daniele Vicari e sceneggiatura di Vicari e dello stesso Mastrandrea, ed è proprio da questo duplice ritorno (alla regia e alle morti bianche) che parte la nostra chiacchierata.
“Non bisogna perdere di vista questo argomento, anche se ovviamente mi piacerebbe non parlarne più! Il mio interesse si è sviluppato quando, qualche anno fa, lessi alcune interviste a vedove di morti sul lavoro.... sui giornali, nel giro di pochi giorni, ce n'erano state diverse e mi sono interrogato: 'Ma questa gente, che è costretta a parlare, non sta perdendo il momento giusto per prendersi il proprio dolore, e non lo recupererà più?'. Quelle sul lavoro sono ancora più inaccettabili della morte stessa, e per di più il tuo dolore diventa pubblico”.
Ma esiste un modo femminile e uno maschile di vivere il dolore? “No, è sempre lo stesso e individuale”.
Mastandrea, in tour nei cinema italiani per presentare il suo film, spiega inoltre: “'Ride' è l'occasione per approfondire temi che mi stanno a cuore, ma con un tono disincantato e e ingenuo. Ho cercato di alleggerirlo, e del resto spesso vengo chiamato proprio a fare questo! La risata è una risorsa: questo non significa diventare cinisci, ma è importante mantenere un po' di leggerezza, anche nelle situazioni più pesanti. Come è, appunto, la morte di un certo tipo, che condiziona moltissimo anche chi resta. Mi definisco un regista puntiglioso e rompiscatole, e mi piace allenare gli attori”.