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Vittoria Doretti, la donna di Codice Rosa

10 aprile 2019 - 10:24

Il medico senese Vittoria Doretti ha creato il progetto ora attivo in tutta Italia: una stanza all’interno degli ospedali dedicata alle donne che subiscono violenza, abusi e maltrattamenti.

Scritto da Roberta Falasca

Vittoria Doretti è tra le cento donne più potenti del mondo e il suo super potere sta nell’aiutare le altre donne.

È la dottoressa che nel 2010 da Grosseto ha portato per la prima volta in Italia, all'interno dell'ospedale, una stanza dedicata alle donne vittime di violenza e abusi.
 
Dopo essere stata inserita nel 2016 tra le donne più potenti del mondo dal Corriere della Sera per aver creato il progetto “Codice Rosa”, il medico senese, direttore dell'unità operativa semplice dipartimentale Codice Rosa Salute e Medicina di genere dell'azienda Usl Toscana sud est, oggi è insignita anche dell'onorificenza dell’Ordine al merito della Repubblica italiana.
 
Il Codice Rosa è un percorso di accesso al Pronto soccorso riservato a tutte le vittime di violenza, in particolare donne, bambini e persone discriminate.
 
Le vittime hanno il diritto di entrare nella stanza loro dedicata entro venti minuti dal primo accesso in ospedale e da lì parte il percorso gender sensitive.
 
Quando è rivolto a donne che subiscono violenza di genere si parla del "Percorso per le donne che subiscono violenza", cosiddetto "percorso donna", mentre per le vittime di violenza causata da vulnerabilità o discriminazione è il cosiddetto "percorso per le vittime di crimini d'odio".
 
Dottoressa Doretti, la violenza da combattere è al centro della sua mission come medico e come donna. Che significa essere tra le cento donne più potenti del mondo e oggi anche ufficiale della Repubblica?
 
“Sono dieci anni che si parla di Codice Rosa. Dalla squadra che inizialmente era formata da quaranta persone dedicate al progetto Codice Rosa siamo passati a un percorso di respiro nazionale. Codice Rosa è legge di Stato dal 2017. Sono medico e donna grata a tutti coloro che in questi anni hanno lavorato per raggiungere obiettivi importanti come quello di favorire il riconoscimento precoce dei casi di violenza assicurando efficaci percorsi dedicati, di coordinare e mettere in rete le diverse istituzioni e competenze per fornire una risposta efficace già dall'arrivo della vittima al pronto soccorso, di dare continuità alle azioni successive al momento di cura erogato nelle strutture di pronto soccorso con la presa in carico territoriale successiva, sulla base della valutazione delle esigenze di tutela e protezione delle vittime mediante percorsi rispondenti alle loro esigenze”.
 
Le donne sono maggiormente informate e quindi più propense a farsi soccorrere, a denunciare e a farsi aiutare?
 
 
“Oggi, anche grazie a Codice Rosa le donne sono maggiormente propense a farsi prima di tutto soccorrere nel primo punto di accesso quindi all’ospedale, perché appunto sanno che esiste un luogo dedicato a chi subisce violenza, abusi e maltrattamenti. Le donne che subiscono violenza oggi sanno che esiste un percorso che può aiutarle. In Toscana, ad esempio, è registrata una bassa percentuale di ritiro delle denunce che sono state sporte contro gli aggressori. Questo perché le istituzioni sono presenti, funzionano. La vittima sa che c’è una rete di professionisti, dal punto di vista medico a quello legale a quello giudiziario, che funziona”.
 
Lei è mai capitato qualche caso di vittime di violenza per motivazioni che in qualche modo avevano a che fare con la dipendenza da gioco?
 
“Sì, è capitato più volte. In particolare, ricordo di una giovane ragazza che era all’ultimo mese di gravidanza, maltrattata dal compagno il quale aveva problemi con la dipendenza da gioco. Il compagno era riuscito a rivendersi la culla appena comprata per il figlio che doveva ancora nascere e questo per lei non era più accettabile e fu la molla che fece scattare anche la denuncia”.
 
Lei è una dottoressa che ha rivoluzionato il modo di pensare con il suo Codice Rosa, a chi dedica il “suo” successo?
 
“Sicuramente a tutte le donne che ho incontrato in questi anni e a tutti coloro che lavorano per questa missione”.
 
LA STORIA - Il Codice Rosa nasce nel 2010 nell'azienda Usl 9 di Grosseto come progetto pilota con la finalità di assicurare un più efficace coordinamento tra le diverse istituzioni e competenze per dare una risposta importante già dall'arrivo della vittima di violenza in Pronto soccorso. Nel 2011 con la sottoscrizione del protocollo d'intesa tra la Regione Toscana e la Procura generale della Repubblica di Firenze, diventa progetto regionale. Il progetto regionale Codice Rosa, prevede percorsi gender sensitive di accoglienza, cura e tutela delle persone vittime di violenze e abusi. Nel gennaio 2014 si completa la diffusione a livello regionale con l'estensione della sperimentazione a tutte le aziende sanitarie toscane. Oggi Codice Rosa è legge di Stato: deve essere presente in tutti gli ospedali italiani.

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