Lootbox: la contromisura di Nintendo, Sony e Microsoft sui nuovi giochi
Dopo le polemiche esplose attorno alle cosiddette lootbox arrivano le contromisure delle major dei videogame: ma sono davvero sufficienti?
Le cosiddette “lootbox” rappresentano oggi uno degli elementi più criticati al mondo e presenti in moltissimi videogiochi domestici. Si tratta di sistemi che prevedono dei micropagamenti e/o dei meccanismi di retribuzione per vincere un passaggio di livello o del materiale virtuale accessorio da utilizzare all'interno del gioco. Un qualcosa contro cui si sono rivolte particolari attenzioni, anche da parte dei regolatori che gestiscono il gioco d'azzardo nei vari paesi, i quali si interrogano da tempo sull'opportunità o meno di considerare tale forma di “gioco” come un vero e proprio azzardo. E, in caso affermativo, regolamentarla di conseguenza. Mentre oggi il limbo in cui sembrano trovarsi le lootbox, appartenendo al mondo dei videogames domestici (e, quindi, nell'alveo dell'intrattenimento senza vincita in denaro), li esula dalle competenze dei regolatori. Ma fino a un certo punto. Non a caso ormai da diverso tempo sono state sollevate critiche e interrogazioni parlamentati, nei singoli paesi e in Europa, ritenendo tali sistemi pericolosi perché rivolti ai più giovani.
Cioè, prima di pagare per l'acquisto di una scatola virtuale, il videogioco informerà i giocatori che hanno una probabilità del 5 percento di ottenere un oggetto raro, del 10 percento di ottenere un oggetto insolito e del 50 percento di ottenere un oggetto comune, per esempio. Anche molte società di videogiochi associate all'Esa seguiranno questa misura, anche se non è stato confermato quali e quanti editori accettino questo formato. Electronic Arts, per esempio, publisher del celebre Fifa, ha sempre minimizzato la questione delle lootbox, in ogni sede.