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Come ti uccido il poker: il caos scandinavo, l'equivoco italiano e altre brutte storie

14 luglio 2020 - 08:40

In Svezia, la confusione attorno alle nuove leggi sul gioco sta alimentando il mercato illecito: così come in Danimarca e altri paesi, mentre la politica fa finta di non vedere.

Scritto da Vincenzo Giacometti

“Le nuove restrizioni sui giochi in Svezia forniscono un quadro confuso per gli operatori”, il cui unico risultato è quello di favorire l'illegalità. E' l'allarme lanciato da Gustaf Hoffstedt, segretario generale di Bos (Branschföreningen för Onlinespel), l'associazione degli operatori scandinavi del gioco online, che ha appena invitato l'ispettorato di gioco del paese a chiarire la situazione in merito al un nuovo limite di deposito che è stato introdotto dal ministro delle assicurazioni sociali. Hoffstedt afferma che le società di gioco hanno interpretato il nuovo regolamento in modi molto diversi, causando il caos nel settore e, peggio ancora, tra i giocatori. "Abbiamo avvertito di questa situazione, che rappresenta il risultato di una proposta legislativa affrettata e debolmente comprovata", afferma il segretario.

La società controllata dallo Stato Atg è stata criticata dai media per il modo in cui aveva interpretato il nuovo regolamento. “Molti di noi avevano subito avvertito che le misure, non essendo basate su fatti e valutazioni d'impatto approfondite, rischiavano di provocare un peggioramento della situazione sia per le società autorizzate che per i loro clienti. Il risultato è che arriveranno milioni di multe e un numero maggiore di clienti che si rivolgeranno agli operatori senza licenza", aggiunge.
Per un clamoroso autogol dello Stato, che nel voler tutelare la cittadinanza, finisce con comprometterne – al contrario – la sicurezza, traghettando i consumatori verso l'offerta illegale. Come noto, infatti, il ministro Ardalan Shekarabi aveva introdotto delle modifiche alle leggi sul gioco online durante la pandemia, che sono state subito criticate, sia dagli operatori statali che da quelli privati. Anche l'Ispettorato svedese dei giochi, responsabile dell'attuazione delle regole, ha sollevato obiezioni. Nell'incertezza generale di come dover integrare le nuove regole, molte società di gioco hanno fissato un limite ai loro prodotti di gioco, comprendendo anche gli sport e le corse dei cavalli, nonostante non fossero teoricamente citati dal regolamento. Ma le sanzioni previste impongono prudenza per gli operatori, in un periodo già fortemente critico a causa del lockdown e della crisi economica in generale provocata dalla pandemia. Ma il risultato, è che i prodotti di gioco sono diventati molto meno appetibili, poker in testa, finendo così col perdere la battaglia (già di per sé impari) in termini di appeal con l'offerta illecita o border online, che continua ad essere molto diffusa sul web. E difficile da contrastare. Motivo in più per mantenere competitiva l'offerta legale, quale unica soluzione per contrastare l'illecito. Ma a quanto pare, i governi faticano a comprendere questo principio: o, peggio ancora, lo capiscono, quando vanno a regolare il mercato, proprio per la necessità di contrastare l'illegalità e l'evasione fiscale, salvo poi dimenticarlo molto presto, offuscati, spesso, dal populismo o comunque dalla ricerca di un consenso pubblico che sperano di far passare attraverso la “maggiore protezione dei cittadini”, con la quale vengono illustrate certe prese di posizione contro i giochi.

 
IL CAOS ITALIANO ED EUROPEO - E non si tratta certo di una posizione che riguarda soltanto la Svezia. Anzi, a dirla tutta, il paese scandinavo è soltanto una delle ultime vittime della malapolitica sui giochi. Che si sta facendo sempre più diffuso. Con gli Stati Membri che, invece di condividere le best practice, come nei principi fondanti dell'Unione, sembrano ormai scambiarsi soltanto le cattive abitudini. Almeno sui giochi. Anche in Danimarca si è vissuta una situazione analoga a quella svedese, o in Regno Unito, dove è in atto una vera e propria rivolta contro il gioco che portato – addirittura – a mettere in discussione l'attività della Gambling Commission. Ma per comprendere la situazione, basta pensare al caso italiano, dove non solo è stato introdotto, esattamente due anni, un divieto totale di pubblicità che rappresenta (e continua a rappresentare) un assurdo legislativo e un suicidio di Stato, oltre a un unicum politico a livello internazionale, ma oggi c'è chi riprende in mano pure il discorso della liquidità internazionale, ma non per accelerare l'iter, magari puntando a un ripristino della competitività del gioco legale, bensì per chiedere l'uscita definita. Nonostante gli appelli, le raccomandazioni e le indicazioni degli esperti che abbiamo riportato negli ultimi mesi. Tutto questo mentre i tre paesi che hanno aderito all'accordo internazionale (peraltro, proprio in risposta a un invito italiano), si godono tutti i benefici di questo passaggio, sia in termini economici che di tutela dei consumatori.
Anche se, va detto, anche in Spagna si stanno avendo nuovi problemi, anche se non strettamente legati al mercato del poker e più rivolti a quello del betting: con il governo che ha introdotto, anche qui, un divieto di sponsorizzazione per i bookmaker e delle forti restrizioni sulla pubblicità dei giochi, in maniera simile all'Italia. A proposito di condivisione delle “bad practice”. Anche se, differenza non da poco, nel caso iberico non si tratta di divieto totale, anche se le limitazioni sono tutt'altro che banali e soggette a ricadute devastanti, in termini economici e di presidio all'illegalità.
Ma anche questo, purtroppo, è il frutto della politica sempre più mediatica che sembra prevalere in qualunque paese, d'Europa e del Mondo. Incapace di guardare ai numeri e ai veri benefici e preoccupata soltanto di legiferare “di pancia” e quasi mai “di testa”. Lanciando la volata all'illegalità. Con la beffa ulteriore, come sanno bene gli operatori italiani, che quando vengono sgominate reti di gioco illegale o gestioni criminali dell'azzardo, tutti puntano il dito non contro lo Stato, che ha commesso gli errori sopra descritti, bensì contro l'industria del gioco legale, dicendo che il settore deve sparire perché alimenta la criminalità. Per il più assurdo dei paradossi, ma tant'è.

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