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Bindi: 'Su gioco servono misure di prevenzione più rigide'

16 gennaio 2017 - 14:15

Discussione alla Camera dei deputati sulla relazione della Commissione Antimafia sulle infiltrazioni criminali nel gioco.

Scritto da Sm
Bindi: 'Su gioco servono misure di prevenzione più rigide'

 È un dato di fatto che la penetrazione mafiosa non riguarda solo più i tradizionali settori imprenditoriali, ma si snoda e permea di sé anche quelli di più recente sviluppo, rappresentati proprio dal gioco e dalle scommesse, dalla gestione delle slot machine, dalle scommesse sportive on line fino al fenomeno del match fixing. ". Lo sottolinea il presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, nella discussione sulla relazione sulle infiltrazioni criminali nel gioco, alla Camera dei deputati.

"Serve una grande vigilanza affinchè episodi criminali non continuino a realizzarsi" come il caso Rouge et Noir.
Il comparto del gioco "risulta di altissimo interesse per la criminalità di tipo mafioso, stante la possibilità di realizzare, attraverso la gestione diretta o indiretta delle società inserite a vario titolo in tale comparto, ingenti introiti, anche attraverso il riciclaggio e il reinvestimento di capitali provenienti dalle tradizionali attività delittuose, riducendo al minimo il rischio di incorrere nella morsa dell'attività repressiva delle forze di polizia. Il lavoro di inchiesta della Commissione ha infatti rilevato che, a fronte di rilevanti introiti economici, l'accertamento delle condotte illegali è alquanto complesso e le conseguenze giudiziarie piuttosto contenute, in ragione di un sistema sanzionatorio, quale quello vigente, che, a causa di pene edittali non elevate per il reato di gioco illecito, non permette l'utilizzo di più efficaci sistemi di indagine, ed esso è presto destinato alla prescrizione".
Le stesse "dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e le risultanze delle indagini fin qui svolte forniscono un quadro preciso di quale sia l'attenzione della criminalità nei confronti di un settore che, nonostante i diversi interventi normativi e l'impegno delle forze dell'ordine, dimostra purtroppo di essere ancora permeabile e vulnerabile, presentando aree di opacità che consentono alle organizzazioni criminali un facile inserimento e la realizzazione dei lauti guadagni, tanto da costituire una valida alternativa ad altre attività altrettanto lucrose, quali, per esempio, il traffico di stupefacenti, col rischio tutto sommato molto più contenuto sotto il profilo dei controlli. Le situazioni di illegalità e di irregolarità osservate nel settore continuano purtroppo ad essere largamente diffuse. Ad esempio, il rapporto annuale della Guardia di finanza per il 2015 evidenzia che, in oltre 5.765 interventi effettuati presso le sale giochi e centri scommesse, sono state riscontrate irregolarità nel 30 per cento dei casi, che hanno condotto al sequestro di 576 apparecchi automatici di gioco, 1.224 postazioni di raccolta di scommessa clandestina, scoprendo nel complesso oltre 36 milioni di euro di giocate nascoste al fisco.
L'attenzione della Commissione si è focalizzata anche sul gioco legale, cioè nei confronti di un settore che, non dimentichiamo, appartiene allo Stato, e che, sebbene gestito da privati attraverso il sistema delle concessioni, è pur sempre esercitato in nome dello Stato. All'esito di numerose indagini è stato accertato che la criminalità mafiosa ha operato enormi investimenti in questo comparto, acquisendo ed intestando a prestanome sale deputate al gioco, oppure mediante l'inserimento di uno o più sodali, all'interno dell'organigramma delle compagini societarie di gestione degli esercizi deputati al gioco, quali preposti o con altri compiti di rappresentanza, sia per percepire rapidamente guadagni consistenti sia per riciclare capitali illecitamente acquisiti.
Si tratta di interferenze mafiose che talvolta lambiscono anche le stesse società concessionarie, che, proprio perché poste al vertice della filiera del gioco legale, sono le prime a spendere il nome dello Stato di fronte ai cittadini giocatori. La relazione, approvata dalla Commissione parlamentare antimafia lo scorso 6 luglio 2016, non ha mancato di sottolineare con forza, tra i vari punti, quanto sia necessario adottare talune misure atte ad arginare tale fenomeno, a partire innanzitutto da una più stringente regolamentazione, dal momento concessorio, idoneo ad assicurare l'effettività di un sistema di legalità sostanziale, fino all'ultimo anello della catena della filiera del gioco. Nessun operatore deve essere escluso. La Commissione è stata facile profeta, in questo senso: nel novembre 2016 la procura di Roma e la Guardia di finanza, su impulso della procura nazionale antimafia, hanno eseguito l'operazione «Rouge et noir» nei confronti degli esponenti di una concessionaria di slot machine, gruppo Atlantis B-plus gioco legale, che utilizza persino la locuzione gioco legale nella propria denominazione sociale. Tale società, peraltro, era stata a suo tempo già colpita da interdittiva antimafia, poi annullata dai giudici amministrativi. L'indagine ha evidenziato gli oscuri rapporti tra ambienti vicini a Cosa Nostra, imprenditori del gioco d'azzardo operanti nello scenario anche internazionale, e perfino un parlamentare della Repubblica, che è stato peraltro membro dalla Commissione bilancio, della stessa Commissione antimafia, e che, proprio in qualità di parlamentare, ha potuto influire sulla formazione della legislazione in qualche modo protettiva degli interessi della società alla quale ho fatto riferimento.
Sarà compito della magistratura fare piena luce su questi rapporti, che sembrano avere quale denominatore comune enormi interessi economici, tali da aver potuto condizionare l'adozione di un provvedimento di legge appunto in senso favorevole agli interessi di questa eterogenea consorteria. Desta profonda preoccupazione la circostanza che dagli atti di quell'indagine sia emerso addirittura un passaggio di denaro, 2,4 milioni di euro, che recava addirittura come espressa causale il riferimento ad una norma di legge (decreto-legge n. 79 del 2009) allora appena approvata, che, come sembra potersi desumere dall'inchiesta, era il frutto dell'asservimento dell'attività legislativa agli interessi criminali e mafiosi. Non credo che possiamo pensare che questo possa essere ritenuto un episodio isolato. Credo che serva una grande vigilanza perché questo non continui a verificarsi, perché i soggetti sono molto aggressivi, molto attenti, molto presenti nelle istituzioni, e di volta in volta sanno individuare gli interlocutori più efficaci per poter approvare anche norme di legge a loro favorevoli".
Passando ad illustrare per vari punti le principali risultanze del lavoro, Bindi aggiunge: "In primo luogo, occorre rafforzare ulteriormente le barriere all'ingresso del sistema pubblico dei giochi, in modo da chiudere possibili varchi alla criminalità organizzata e ai loro prestanome. I requisiti di base attualmente previsti per la partecipazione a gare o a procedure ad evidenza pubblica in materia di giochi e scommesse hanno delle lacune, al pari dei requisiti per il rilascio e il mantenimento di concessione in materia di giochi pubblici. Le norme vigenti, ad esempio, non prevedono, nell'ambito dei delitti ostativi, reati contro la pubblica amministrazione come la corruzione e la concussione interna ed internazionale, il traffico di influenze illecite, la turbata libertà degli incanti e la turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente.
Non si prevedono altresì l'autoriciclaggio, di cui all'articolo 648-ter del codice penale, i delitti di terrorismo interno e internazionale, lo scambio elettorale politico-mafioso (416-ter), anche per i soggetti semplicemente sottoposti a indagine, come, invece, è già previsto per i reati di associazione a delinquere, associazione di tipo mafioso, nonché per altri reati di particolare gravità. Non si prevedono le fattispecie più gravi di reati in materia fiscale (articoli 2 e 8 del decreto legislativo n. 74 del 2000), come la fatturazione per operazioni inesistenti e l'utilizzo di dichiarazione di falsa documentazione, e le ipotesi più gravi di reati comuni, ad esempio l'omicidio, da individuarsi specificatamente, ora apparentemente escluse dal novero delle condizioni ostative. In tali ambiti andrebbero, inoltre, presi in considerazione non solo i delitti consumati, ma anche quelli tentati. Così come la trasparenza sulla composizione personale delle società partecipanti, al fine di individuare l'origine dei capitali, potrebbe essere estesa anche al di là dei limiti previsti dalla normativa vigente.
Un altro evidente vulnus nel sistema di prevenzione è costituito dalla mancata previsione di provvedimenti di confisca e sequestro in relazione alla fattispecie penale di gioco illecito. In considerazione del fatto che il mercato dei giochi è sempre più internazionalizzato e integrato a livello europeo, è necessario che siano annoverate, tra le cause ostative, anche le condanne erogate all'estero, quantomeno per i delitti di criminalità organizzata, corruzione e riciclaggio. In analogia con quanto previsto dalle norme sugli appalti pubblici, occorre introdurre il divieto di partecipazione alle gare per gli operatori economici colpiti da sanzione di interdittiva sulla responsabilità amministrativa della società e degli enti, da altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione o che abbiano subito condanna per il reato di falso in bilancio. Sempre al fine di rafforzare le barriere di prevenzione del sistema del gioco legale, è necessario estendere l'applicazione della normativa che sottopone il rilascio dell'autorizzazione alla sussistenza dei requisiti previsti dalla legge antimafia e dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza a tutta una serie di soggetti attualmente esclusi. Lo standard antimafia e di moralità deve, cioè, essere omogeneo per tutti gli attori della filiera del gioco pubblico, dal vertice fino all'ultimo gestore, si tratti di concessionari delle reti online e di raccolta di gioco, di gestori di apparecchi o di terzi incaricati, di produttori o di importatori di apparecchi di gioco.
Parimenti, appare non più prorogabile un intervento sistemico che tenda ad uniformare la disciplina della tempistica delle gare delle concessioni di gioco, troppo spesso bandite nell'imminenza della scadenza della concessione tramite i provvedimenti spot, non di rado scarsamente meditati circa le conseguenze che possono derivare da una normazione imperfetta, anche sotto il profilo della prevenzione, da cui si originano contratti la cui durata si protrae ordinariamente fino a nove anni. Va da sé che tutti gli interventi di riforma sulle barriere d'ingresso nel sistema dei giochi dovranno tener conto principalmente della normativa europea in tema di libertà di stabilimento e dell'evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia europea in tale materia, salvaguardando la funzionalità e l'efficienza del sistema italiano dei giochi nell'ottica delle ragioni dell'ordine pubblico. Per il futuro, è fondamentale che, anche per gli operatori di società aventi sede all'estero, l'obbligo di concessione o autorizzazione di polizia sia ancorato alla tutela di interessi di ordine pubblico".
Altro profilo di grande rilevanza "è la repressione dell'illegalità. L'attenzione della Commissione antimafia si è focalizzata sulla necessità che il legislatore proceda ad una puntuale revisione del quadro sanzionatorio penale. La misura della pena attualmente prevista per i reati in materia di giochi e scommesse non consente, di per sé, l'attivazione di intercettazioni telefoniche e telematiche, che, invece, risultano assolutamente necessarie per accertare le modalità con cui si realizza l'infiltrazione criminale, sempre più caratterizzata dall'uso di strumenti tecnologici nell'ambito di operatività transnazionale. Parimenti, la pena da irrogarsi per le condotte maggiormente pericolose dovrebbe essere tale da comportare il prolungamento del termine di prescrizione. Occorre, inoltre, intervenire per colpire adeguatamente la condotta del cosiddetto «giocatore clandestino», attraverso la previsione di un reale deterrente. Solo sanzioni penali più adeguate potranno contribuire a ridurre il bacino di utenza da cui le mafie traggono considerevoli profitti nel settore dei giochi. Quanto al mondo delle società concessionarie, la Commissione antimafia ritiene che sia necessario un profondo ed urgente intervento, teso a rendere più responsabile il comportamento delle società cui è demandata la gestione dell'attività, vero cuore strategico del sistema del gioco legale, rispetto a tutto ciò che accade nella filiera e nelle rispettive filiere.
In capo ai concessionari deve essere configurabile una responsabilità civile in vigilando o in eligendo rispetto ai titolari dei punti di gioco. Così, a un necessario inasprimento delle sanzioni pecuniarie per l'operatore della filiera, direttamente responsabile delle violazioni, conseguirebbe una presunzione di corresponsabilità del concessionario, salvo che questo non dimostri di non aver fatto tutto il possibile per impedire, controllare e costantemente vigilare la condotta del titolare del punto di gioco. Quale corollario sarà utile che il legislatore preveda specifiche e stringenti ipotesi di sanzioni accessorie, quali la sospensione, la decadenza delle concessioni o dell'autorizzazione".
LA COLLOCAZIONE DEI PUNTI GIOCO - Inoltre "oltre ai punti appena accennati sulle responsabilità delle società di gestione del punto di raccolta delle scommesse per la trasmissione dei cosiddetti Ctd sulla responsabilità amministrativa degli enti, ci teniamo ad insistere perché l'idea che il gioco legale sia una filiera che fa da barriera nei confronti del gioco illegale è ampiamente dimostrato non essere vero dalla nostra inchiesta. Infatti, oggi le mafie entrano a far parte della filiera legale ed è dentro la filiera legale che si annidano i pericoli ai quali ho fatto riferimento.
Allora, l'aspetto altrettanto importante, per quanto ci riguarda, è quello della collocazione e della programmazione dei punti di gioco. Noi, da questo punto di vista, prendiamo atto che la responsabilità della programmazione fa capo, di fatto, alla Conferenza unificata. Noi ci teniamo molto a sottolineare l'importanza che l'ente locale non sia semplicemente responsabile della decisione della collocazione dei punti gioco, ma che possa avere voce in capitolo nella programmazione, tenendo presente soprattutto, nei vari territori, il rischio di infiltrazione mafiosa attraverso il sistema degli giochi, per fare in modo, come diciamo nella nostra risoluzione, che ciascun sindaco non sia, in qualche modo, l'ultimo responsabile, ma che possa influire, a partire dalla propria situazione locale, nella programmazione di carattere nazionale e che, dimostrando che attraverso il gioco è penetrata l'organizzazione mafiosa nel proprio territorio, possa arrivare anche a distanziarsi dalla stessa indicazione che viene dalla programmazione. Così come, per noi, è fondamentale il fatto che la programmazione e la collocazione dei punti gioco consenta un vero e proprio controllo. La polverizzazione alla quale stiamo assistendo oggi non consente il controllo. Ecco perché noi prevediamo anche la possibilità di punti organizzati dentro i quali ci sia davvero la possibilità di un controllo da parte delle istituzioni.
Tutto questo naturalmente – concludo – richiede che la sede europea non ci lasci soli e che, soprattutto, sia la sede nella quale si armonizzano le normative. In questo senso noi abbiamo già lavorato, con la risoluzione in occasione del semestre europeo e con le nostre visite presso il Parlamento europeo, che sono state abbastanza frequenti in questa legislatura, perché la lotta alla mafia abbia delle norme armonizzate anche a livello sovranazionale, a partire da quei settori economici nei quali le mafie influiscono in maniera particolare. Questa relazione è stata approvata in Commissione all'unanimità. La risoluzione che presentiamo contiene sostanzialmente i punti ai quali ho fatto riferimento nella relazione. Ci auguriamo che la discussione sia ampia e che, come accaduto altre volte, trovi una corale partecipazione di tutte le forze politiche".

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