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La ricerca di un futuro, della politica e del gioco pubblico

13 marzo 2017 - 10:34

Mentre la politica continua a rimandare la soluzione alla ‘Questione territoriale’ sui giochi, l’industria legale sopravvive e prova a mettere in mostra le proprie virtù.

Scritto da Alessio Crisantemi
La ricerca di un futuro, della politica e del gioco pubblico

 

La soluzione, adesso, sembra più vicina. Dopo l’audizione della scorsa settimana del Sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, davanti alla Commissione Finanze del Senato, e il successivo “risveglio” del Parlamento sulla materia – con l’annuncio del presidente della stessa Commissione, Mauro Marino, che ha dichiarato di sentire il dovere di riaprire la discussione del Ddl Mirabelli per tenere alta l’attenzione sull’argomento – la via d’uscita alla ‘Questione territoriale’ del gioco pubblico appare meno lontana di quanto si potesse immaginare nei giorni precedenti. Al punto che lo stesso sottosegretario, in una recente dichiarazione, ha voluto fissare la deadline al prossimo 30 aprile: un anno esatto dal termine previsto dalla Legge di stabilità per il 2016. Per un ritardo tutt’altro che banale ma comunque accettabile, oggi come oggi, per l’industria e per tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nella partita, purché una soluzione arrivi.

Visto che in molti consideravano ormai superata la possibilità di giungere veramente a un accordo in Conferenza unificata; anzi, a dirla tutta, sono molti quelli che continuano a pensarlo ancora oggi, nonostante le rassicurazioni e i buoni propositi di governo e parlamento, visto che è ormai un anno che si continua a parlare di soluzione vicina, senza però mai vedere sviluppi concreti.
Senza contare, poi, che in politica c’è pure chi sembra considerare il riordino dei giochi un obiettivo doveroso e magari pure raggiungibile, ma magari entro il termine della Legislatura. A conferma delle diverse velocità con cui continuano a viaggiare politica e mercati. Nonostante la preoccupazione comunque sempre più diffusa, in ambito politico, delle tematiche connesse al mercato dei giochi, non è ancora chiaro, probabilmente, quanto sia urgente arrivare a un accordo con gli enti locali. Proprio su questo, forse, è stata utile l’audizione del sottosegretario Baretta, che ha rappresentato l’occasione per spiegare come “La conclusione delle due gare (per il rinnovo delle concessioni di Bingo e Scommesse, Ndr), continua a dipendere dall’esito del confronto in corso in Conferenza Unificata e, quindi, la valutazione politica di ciò che si ritiene possa concludersi in quella sede condiziona evidentemente la scelta di una eventuale proroga, essendo da considerare l’effettuazione delle gare come la via maestra sotto il profilo di tutela della concorrenzialità del settore". Prendendo anche le distanze dai rumors che vedrebbero una proroga della attuali concessioni sempre più vicina, ma evidenziando comunque la possibile opportunità di una scelta di questo tipo (sia pure con tutti i rischi che questa comporterebbe, aggiungiamo noi). Forse è stata proprio questa presa di coscienza a spingere la Commissione a rilanciare addirittura il Ddl di riordino dei giochi fermo anche questo da un anno in parlamento; di certo avrà avuto anche un ruolo determinante il precipitare delle situazioni su vari territori che fanno venire al pettine tutti i nodi di uno scenario sempre più ingarbugliato che scaturisce dalla regolamentazione eterogenea e frammentaria del gioco pubblico nelle varie città e regioni. In quei territori in cui sono state introdotte norme assai rigide, spesso anche invocando la totale scomparsa del gioco come obiettivo cardine (Liguria in testa) si sta facendo largo l’ipotesi di uno slittamento dei termini della scadenza delle licenze per evitare gli effetti devastanti che si potrebbero avere a livello locale, sia in termini di occupazione che di ritorno dell’illegalità. Mentre anche altre regioni, come il Friuli o l’Umbria, decidono di darsi più tempo, magari ascoltando una volta tanto anche le imprese, prima di passare all’adozione di nuove restrizioni. 

Intanto però il quadro si fa sempre più confuso e frammentario, con il susseguirsi di pronunce che mutano di volta in volta lo scenario normativo locale creando non pochi disagi alle imprese che vi operano: l’ultima novità è quella del Tar Lombardia che ha legittimato il regolamento ‘anti-gioco’ del Comune di Bergamo, sia pure escludendo dalle restrizioni previste per i punti vendita i giochi diversi dalle slot offerti dai tabaccai. Una pronuncia forse più di forma che di sostanza, ma che crea comunque un’ulteriore separazione, alimentando la confusione e, forse, anche l’assurdità della situazione in cui ci troviamo, già di per sé pienamente paradossale.
In questo clima di totale incertezza e di grande preoccupazione per gli addetti ai lavori del comparto, arriva di nuovo il momento della fiera del settore, con il ritorno dell’Enada di Rimini, dove l’industria vuole mettere in mostra i propri valori, di professionalità e responsabilità. Provando anche a parlare in termini di industria visto che, nonostante tutto, il settore deve andare avanti, e non solo per la remunerazione delle imprese: è ormai noto (anche se non a tutti, evidentemente) come l’offerta di gioco legale rappresenti il migliore antidoto alla diffusione del gioco illecito. Questo perché, banalmente, se il gioco di Stato è in grado di rispondere alla domanda dei consumatori, questi non cadranno nella tentazione (assai diffusa!) di ricorrere all’offerta illegale, preferendo la sicurezza (uno dei principi fondativi del gioco pubblico italiano). Per questo a Rimini si parlerà del futuro dell’offerta di gioco in Italia che, com’è ormai evidente, passerà per il concetto chiave della multicanalità, proponendo una sfida per l’integrazione tra il gioco fisico e quello online: un tema centrale affrontato dal dibattito proposto da GiocoNews all’interno della fiera, mettendo a confronto i principali esperti in materia, e valutando la questione anche in ottica di riordino.
Quest’anno però a “ravvivare” lo scenario del gioco pubblico, c’è anche la nascita di una seconda kermesse, la Fee di Riccione, che nei giorni successivi ad Enada proporrà il mondo dell’amusement e del puro intrattenimento, in tutto il suo splendore: per dimostrare a politica e istituzioni che c’è anche il gioco “che fa bene” e che non va confuso con tutto il resto. Una scelta dovuta anche al fatto che alcune regioni, tra cui proprio l’Emilia-Romagna, autentica culla dell’intrattenimento, hanno introdotto delle norme che limitano l’uso delle apparecchiature rivolte a minori, come redemption e simili. Uno dei tanti paradossi che si ravvisano all’interno della ‘Questione territoriale’, ma non certo l’unico.

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