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Casinò: la lezione degli errori del passato per studiare il futuro

09 dicembre 2022 - 10:05

Per fronteggiare il rischio estinzione, i casinò devono prendere coscienza degli errori passati ed evitare di ripeterli in futuro.

Scritto da Mauro Natta
Photo by Hadija Saidi on Unsplash

Photo by Hadija Saidi on Unsplash

“Mi permetto di esprimere, in chiusura, la speranza che anche il management delle gestioni e i rappresentanti dell’ente locale proprietario della casa da gioco, leggendo quanto precede, possano pensare di prendere una posizione in merito”.
Con queste parole terminavo il mio ultimo articolo in argomento riduzione del costo del lavoro nelle case da gioco, lamentando anche la mancanza di una visione unitaria: casa da gioco, turismo e occupazione sulla quale conto di non più ritornare. La mia sensazione è quella di parlare al vento, forse sbaglio?
Non credo di sbagliare, desidero porvi fine con delle raccomandazioni e, una volta ancora, con quelli che personalmente mi sembrano errori commessi e spero non si ripetano in un prossimo futuro. 

Per quale motivo indico “prossimo”? A mio parere, se si ripetono, il mondo delle case da gioco italiane può essere in via di estinzione in considerazione delle premesse già ricordate e per le quali i decreti istitutivi (1927 e 1933) si integrano citando la concessione di una casa da gioco in deroga alle nome del codice penale dall’art. 718 al 722. Senza sottacere l’ottimismo del Presidente della Regione Autonoma della Valle d’Aosta che scrive, nel 1946: “È istituita, per la durata di anni 20, nel Comune di Saint Vincent una casa da gioco, nella quale è permesso anche il gioco d’azzardo e il cui funzionamento è regolato dalle norme di legge relative alla disciplina delle case da gioco nonché dalle prescrizioni che saranno determinate con successivo decreto”. Fortunatamente dura da più tempo!

Sicuramente non mi cimento in una materia che non conosco, ma il fatto che le case da gioco si reggano su una deroga al codice penale dopo tanto tempo mi pare eccessivo.
Ed eccomi alle raccomandazioni, ne parlo per esperienza diretta  dopo quaranta e più anni di lavoro nel settore, a datare dal 1959.
Si parla spesso di professionalità e di competenza, ma la domanda alla quale gradirei una risposta convincente è questa: la politica produttiva in una casa da gioco è sempre affidata a chi di dovere? Ad esempio è mai possibile, e non parlo appositamente di aziende sottoposte al regime di concordato preventivo, che il rimedio principe per limitare i costi sia quello di agire sul costo del personale e, se del caso, diminuendo l’offerta di gioco?
E una seconda domanda: è concreta la possibilità che le decisioni operative in tema di produzione siano rapide in una attività dove, mi permetto di riassumere, il tempo è denaro? Sicuramente chi proviene dalla gavetta è in grado di soddisfare meglio e più rapidamente la problematica in parola.
E una terza: la gestione della politica produttiva è supportata da tutti i dati  che sono indispensabili ad una operatività nella quale il decisionismo responsabile è la caratteristica principale?

Dopo, l’ultima raccomandazione, ma ce ne sarebbero altre che spero sorgano da quanto precede; desidero ricordare la rilevanza del servizio alla clientela non tanto relativamente agli impiegati quanto ai dirigenti del reparto produzione che, rappresentando l’azienda, concorrono alla tanto sospirata fidelizzazione del cliente. Ultimamente, con il divieto di pubblicità, questa qualità assume una notevole importanza frutto, appunto, della passata esperienza e della professionalità, doti che non possono difettare.

Passando agli errori ne cito uno possibile che, a mio parere, se si verifica è il più rilevante: l’ingerenza della politica in questioni che andrebbero e vanno certamente risolte esclusivamente dal management che, sempre personalmente, è il solo ad avere la responsabilità delle scelte e, in quanto responsabile, ne risponde alla proprietà. Un management che abbia le indispensabili qualità di professionalità esperienza e adeguato curriculum.
Alla parte politica, come ultimamente ho avuto occasione di leggere, spetta il controllo tenuto conto dei vincoli pubblicistici derivanti dal disciplinare o dalla convenzione che regolamenta i rapporti, economi e non, tra società di gestione e proprietà, sia questa del Comune o della Regione.
In buona sostanza l’insieme delle norme contrattuali che, compendiando ogni aspetto del rapporto, monitora debitamente ogni aspetto anche ricollegabile alla natura giuridica delle entrate a favore della proprietà che non po' essere che interamente pubblica.
Spero che non si pensi più ai tempi d’oro nei quali era sufficiente aprire la porta, ora per creare attrattiva non è più cosiffatto! È necessario altro ed è venuto il momento di cambiare.

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