Pensare che lo scrivente sia noioso e ripetitivo è più che legittimo; ora cerco di far comprendere per quali motivi torno sull’argomento che, da lavoratore nel campo delle case da gioco e dirigente sindacale, ha occupato molti anni sino alla pensione nel 2000 e mi occupa ancora oggi come si può constatare.
La sentenza n.1775 del 18 maggio 1976 della Sezione lavoro della Suprema corte di cassazione, a proposito della mancia ai croupier recita: Il sistema mancia è retto da un uso normativo si ricava dall’indirizzo consolidato della giurisprudenza dal 1954 tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti e il gestore (…)
Mi fermo temporaneamente perché, pur avendo a disposizione ulteriore documentazione, non vorrei dare ragione a chi mi ritiene noioso a ritornare su un argomento già trattato da molti punti di vista ivi compreso un rilevante componente del prodotto interno lordo: l’industria del turismo.
Con la nuova normativa introdotta dalla legge n. 122 del 2016 sono imponibili in Italia le sole vincite realizzate in casinò situati fuori dall’Ue o dalla Spazio economico europeo. Tale norma ha modificato l’art. 69 del Tuir e ha previsto quindi che le vincite corrisposte da case da gioco autorizzate in Italia o negli altri Stati dell’Ue o in uno Stato aderente alla Spazio economico europeo non concorrono a formare il reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo d’imposta.
È stato inoltre abrogato l’art. 30, comma 7 del Dpr 600/73 secondo cui la ritenuta sulle vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate è compresa nell’imposta sugli spettacoli.
Dopo aver letto, il 27 febbraio su Gioconews.it, delle novità relative alla disciplina della tassazione delle vincite al gioco di cui alle sentenze 22.10.2014 n. C – 344/13 e C – 367/13 della Corte di giustizia europea con le quali è stata stabilita l’illegittimità dell’imposizione in Italia delle vincite da giochi di azzardo conseguite nei casinò di altri Stati membri da parte di soggetti residenti in Italia, eccomi nuovamente.
Ora mi chiedo, altrettanto legittimamente, per quale motivo non sia possibile trovare una soluzione, e non sarebbe la prima volta, che, preso atto della non tassabilità della vincita possa ammettersi, invece, quella di una parte di questa e, per di più, la più piccola: la mancia ai croupier.
Con sentenza 9 marzo 1954, n. 672, la Cassazione, prendendo in esame il caso specifico dei dipendenti delle case da gioco, il patto di devoluzione di una quota del monte mance all’ente gestore del Casinò (…) si pronuncia concludendo, tra l’altro, che il patto che attribuisce all’azienda una parte delle mance non è nullo per mancanza di causa dato che il datore di lavoro offre al lavoratore l’organizzazione e l’occasione per ricevere le mance.
Il costo del lavoro ha registrato continui mutamenti relativi, più che altro, alla continua e sacrosanta richiesta del personale di gioco che sosteneva, ecco il conforto dell’aggettivazione, l’armonizzazione dell’imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito delle persone fisiche a quello della contribuzione ai fini pensionistici.
Non è agevole sostenere che il disposto dell’art. 3, lettera i, del decreto n. 314 del 1997 non è stato la causa dell’incremento del costo del personale, quindi di gestione e, conseguentemente, decremento delle entrate tributarie a favore del concedente ma, nel contempo, mi pare si possa porre l’attenzione ad una situazione come quella appena descritta. La motivazione a conforto della tassazione di una parte della vincita che è esente, ovvero che il datore di lavoro offre al lavoratore l’organizzazione e l’occasione per ricevere le mance mi pare, invece, atta a penalizzare il citato beneficiario.
Chiudo rammentando che l’abrogazione dell’art. 30, comma 7 del Dpr 600/73, secondo cui la ritenuta sulle vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate è compresa nell’imposta sugli spettacoli, era il provvedimento per correggere la precedente che intendeva attuare una ritenuta diretta sulla vincita se la memoria non mi fa danno.
Definitivamente concludendo la non tassabilità della mancia e il decremento del costo del lavoro, lasciando a carico del lavoratore il carico di una pensione integrativa, potrebbe rappresentare una eventualità a mio avviso senza andare fuori delle righe.