La riforma del gioco pubblico si farà. Stavolta davvero. A dirlo (e ribadirlo) è ancora una volta il vice ministro all’Economia, Maurizio Leo, a margine dell’ultimo esame in commissione dell’intero provvedimento di delega fiscale che contiene – come noto – un intero capitolo dedicato ai giochi e al riordino.
Solo che stavolta, il numero due di via Venti Settembre, oltre a ribadire l’impegno e ad indicare la rotta (parlando dei due driver principali, quello del contrasto alla ludopatia e alla riorganizzazione dell’offerta sul territorio), ha anche fornito una preziosa indicazione temporale. Specificando che il testo di legge verrà approvato in via definita entro l’estate. Con la prima approvazione da parte della Camera che dovrebbe arrivare addirittura già in questa settimana, dopo l’approdo del testo in Aula delle scorse ore, come abbiamo prontamente documentato su queste pagine virtuali.
Ed è proprio in questo primo e importante passaggio parlamentare che sono già emersi i caratteri principali di questa riforma, destinata a cambiare radicalmente il mercato del gioco pubblico nel nostro Paese, per un lungo periodo. Anche se non proprio una volta per tutte, ma quanto meno per il resto dei prossimi dieci anni, visto che sulla base di queste nuove regole che verranno definite attraverso la legge si dovranno scrivere anche i futuri bandi di gara per l’assegnazione delle nuove concessioni, nei prossimi dodici mesi.
Per questo vale la pena ricordare le novità (e le conferme) che la legge delega si propone di imporre al settore, analizzate in questi giorni anche dal Servizio studi di Camera e Senato.
Offrendo una sorta di vademecum su quella che sarà la riforma del gioco pubblico messa in atto dal Governo di Giorgia Meloni, al netto di qualche eventuale modifica che potrebbe essere introdotta nel passaggio in Senato del provvedimento. Anche se i tempi serrati ricordati dal ministro lasciano intendere che ci saranno pochi spazi di manovra sul testo di legge dopo i correttivi già adottati dalla Camera e durante il lungo lavoro in Commissione.
Nelle 154 pagine del dossier dei tecnici parlamentari, in particolare, viene ancora una volta esaltata la conferma del “modello organizzativo del sistema dei giochi basato sul regime concessorio e autorizzatorio”. Principio che probabilmente non veniva dato affatto per scontato fino alla discussione della riforma alla Camere, anche se nessuno, nel comparto, avrebbe mai potuto immaginare un’impostazione diversa. Ma al di là degli aspetti autorizzativi, i tecnici osservano come la Delega fornisca i “princìpi e criteri direttivi per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, con specifico riguardo, tra l'altro, alla tutela dei soggetti maggiormente vulnerabili e alla prevenzione dei fenomeni di disturbi da gioco d'azzardo, alla dislocazione territoriale degli esercizi, ai requisiti soggettivi e di onorabilità dei soggetti concessionari, alla crisi del rapporto concessorio, alla riserva statale nella organizzazione ed esercizio dei giochi, al prelievo erariale, alla partecipazione degli enti locali al procedimento di autorizzazione e di pianificazione, alle regole di rilascio delle licenze, alla disciplina dei controlli e dell'accertamento dei tributi, alla qualificazione e alla responsabilità degli organismi di certificazione degli apparecchi da intrattenimento".
Insomma, di tutto e di più. Andando così a toccare tutto quello che, a prima vista, doveva essere sistemato all’interno del comparto. In effetti, nel corso dell'esame in sede referente alla Camera, sono stati introdotti due principi di delega: “il primo volto a prevedere l'impiego di forme di comunicazione del gioco legale coerenti con l'esigenza di tutela dei soggetti più vulnerabili; il secondo contenente la previsione dell'accesso, da parte dei soggetti pubblici e privati che svolgono attività di prevenzione e cura della patologia da gioco d'azzardo, ai dati concernenti la diffusione territoriale, la raccolta, la spesa e la tassazione dei giochi autorizzati di qualsiasi tipologia e classificazione".
Questo allo scopo di “tutelare la buona fede e l’ordine pubblico, di proteggere i soggetti più deboli e, in particolare i minori, di evitare una diffusione incontrollata, indiscriminata e senza regole del gioco, nonché di convogliare parte delle risorse verso la fiscalità generale, è alla base della riserva statale sull’organizzazione dei giochi”, su cui si fonda il modello italiano.
Andando così a ribadire un altro principio fondamentale, come quello della centralità nella gestione dei giochi insito nella Riserva di legge, anche se fino ad oggi ha rappresentato sostanzialmente solo un principio affermato sulla carta ma non nella pratica. Come è evidente dall’annosa e ancora irrisolta Questione territoriale. “La ratio della riserva in favore dello Stato delle attività di gioco trova fondamento, prima ancora che nelle esigenze dell’Erario, nei rilevanti interessi coinvolti nel gioco, quali le esigenze di contrasto del crimine e, più in generale, le esigenze di tutela dell’ordine pubblico, della fede pubblica dei giocatori e di controllo di un fenomeno che è suscettibile di coinvolgere flussi cospicui di denaro, a volte di provenienza illecita; non a caso le norme sul gioco sono inserite nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza", precisano i tecnici parlamentari. E "tali garanzie si esplicano attraverso la regolamentazione pubblica e la gestione connessa. Il modello italiano di esercizio del gioco pubblico con vincite in denaro si basa da un lato sulla riserva in favore dello Stato in materia di giochi e scommesse e, dall’altro, sulla concessione di servizio, mediante la quale l’Amministrazione affida a un soggetto privato, prescelto sulla base di selezioni ad evidenza pubblica, nel pieno rispetto della normativa comunitaria, l’esercizio del gioco ampliando la sfera giuridica del destinatario e mantenendo sull’attività un potere di controllo. L’istituto della concessione è volto al soddisfacimento degli interessi della collettività e al contenimento e riduzione dei costi, consentendo altresì, sul piano organizzativo, di attuare una forma di collaborazione con i privati nella gestione dei servizi e dei lavori pubblici, a fronte della quale è possibile, stante le contenute disponibilità di risorse del settore pubblico, reperire quelle di natura privata per la realizzazione degli obiettivi di rilevanza pubblica (ad esempio, avvalendosi delle dotazioni tecnico-organizzative dell’impresa privata ovvero scaricando su quest’ultima una parte dei costi, come quelli di carattere informativo)”.
Su questi principi, quindi, di centralità dello Stato e di massima tutela dei consumatori, governo e parlamento intendono riorganizzare il comparto del gioco pubblico, in ottica di piena sostenibilità: che non può essere che accolta con favore da parte dell’industria la quale – al di là dei vari tecnicismi e aspetti regolamentari da precisare o meglio declinare – non chiede altro che un futuro sostenibile.
In questa ottica si dovrebbe accogliere con particolare favore anche uno degli ultimi punti che completano la riforma del gioco inclusa nella legge Delega: cioè la previsione di una relazione alle Camere sul settore del gioco pubblico, presentata annualmente dal ministro dell’Economia e delle finanze entro il 31 dicembre di ogni anno, contenente tra l’altro i dati sullo stato delle concessioni, sui volumi della raccolta, sui risultati economici della gestione e sui progressi in materia di tutela dei consumatori di giochi e della legalità. Questo permetterebbe allo Stato di poter adeguare di volta in volta il proprio assetto normativo introducendo dei correttivi laddove necessari, evitando di ritrovarsi presto – come sempre accade – con un impianto normativo o legislativo vetusto e non più in grado di essere al passo con i tempi di fronte un settore ad alto tasso tecnologico e di innovazione. Insomma, le premesse per guardare con positività al futuro del gioco, sembrano esserci tutte: ora non rimane che attendere di vedere trasformate tali premesse e le varie promesse, finalmente in realtà. Perché la riforma è un piatto che va servito freddo.