Si fa presto a parlare di sostenibilità. Altra cosa, invece, è raggiungerla davvero. O, almeno, di fare in modo di potersi avvicinare a una situazione tale per cui il contesto in cui si opera possa davvero considerarsi sostenibile. Soprattutto per un'industria complessa e variegata come quella del gaming: caratterizzata da molteplici fattori intrinseci e soggetta a numerose sollecitazioni, spesso pure a veri e propri “attacchi”, da parte dell'opinione pubblica e di gruppi di pressione, se non addirittura dei governi. Come è accaduto più volte in Italia. Basti pensare alle leggi punitive introdotte negli anni dalla politica e dagli esecutivi di turno, che oltre alla leva fiscale li hanno visto ricorrere addirittura a dei “diktat”, come quello imposto dal governo “Conte 1” con il divieto totale di pubblicità. Ma si pensi anche all'ostruzionismo delle banche nei confronti degli addetti ai lavori, con la chiusura dei conti correnti di tante piccole e medie imprese, per non meglio precisati “motivi etici”. Una serie di situazioni che rendono ogni giorno più difficile il cammino degli operatori e la strada verso il raggiungimento di una vera “normalità”. Figuriamoci dunque di poter parlare di pieno sostenibilità.
E' dunque il momento di porsi una domanda: questo settore potrà mai essere davvero sostenibile? La risposta è subito fornita, ed è senz'altro affermativa. Come abbiamo potuto rilevare nei giorni scorsi dalla fiera Ice di Londra dove l'ambizioso obiettivo ha rappresentato una sorta di leitmotiv dell'esposizione, guidando l'industria globale verso un approccio sempre più orientato all'Esg (relativo, quindi, alle questioni ambientali, sociali e gestionali). Come abbiamo anche potuto leggere su queste pagine, con lo speciale di approfondimento legato a questi temi pubblicato sulla Rivista Gioco News di questo mese, che abbiamo ripreso anche online, condividendo le osservazioni, gli spunti e le proposizioni di notevoli esperti di livello internazionale, intervenuti a vario titolo sulla materia. Ma ciò che emerso, in tutti i casi, è che se l'obiettivo è davvero raggiungibile per l'industria, è altrettanto vero che i suoi rappresentati devono fare di più, a tutti i livelli. Non è sufficiente, infatti, destinare una quota dei propri bilanci aziendali o realizzare dei semplici report di sostenibilità, per poter raggiungere l'obiettivo. Tutt'altro. Serve molto di più: partendo da un cambio di mentalità, che inglobi tutti gli addetti ai lavori e i componenti di ogni impresa, e che si sappia riflettere in tutte le dinamiche aziendali. E non in momento specifici o prefissati, ma nel quotidiano. Il primo passo, dunque, è caratterizzato dalla consapevolezza e dalla divulgazione di certi temi e obiettivi. In questo senso, dunque, il fatto di sentire parlare in modo così approfondito e diffuso della materia, rappresenta già un piccolo, grande risultato. Con iniziative come quelle promosse dal regolatore maltese Mga, che assumono un valore prezioso e da imitare. Ma è pur sempre un punto di partenza e non certo di arrivo. Una “best practice” che, ci si augura, possa essere davvero seguita, non soltanto dall'industria e dagli addetti ai lavori, lasciandosi ispirare, ma anche e sopratutto dagli altri regolatori e dai decisori. Perché, diciamola tutta, non ci potrà mai essere alcuna sostenibilità senza un cambiamento di mentalità che coinvolga anche e soprattutto i decisori, quindi la politica e il legislatore. Perchè la sostenibilità passa anche per gli aspetti economici e finanziari di un'azienda, senza il cui equilibrio non è certo possibile realizzare nessun obiettivo, soprattutto quelli più virtuosi come quelli di cui stiamo parlando.
Nel mondo del gioco, tuttavia, l'attenzione principale rispetto ai vari fronti che compongono l'approccio Esg è quello del sociale, che si traduce cioè nelle azioni di Gioco Responsabile e, quindi, nella tutela dei consumatori. Un obiettivo, questo, sul quale si sta lavorando con sempre maggiore convinzione e consapevolezza, provando a sfruttare le varie tecnologie che oggi vengono messe a disposizione dell'industria. Anche e sopratutto dall'intelligenza artificiale. Ma a svolgere un ruolo predominante dovrà essere soprattutto quella umana di intelligenza, con i decisori – sia politici che aziendali - che dovranno dimostrare di aver capito gli obiettivi e i termini della sfida, che rappresenta ormai il lasciapassare verso il futuro.