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Se il riordino non riordina

18 dicembre 2023 - 10:50

Nella settimana decisiva per l'approvazione della Legge di Bilancio, torna in ballo il tema del gioco online: ma la ricetta governativa non piace a tutti. Anzi.

(Foto di cottonbro studio da Pexels: https://www.pexels.com/it-it/foto/libri-note-scuola-tavolo-4778611/)

(Foto di cottonbro studio da Pexels: https://www.pexels.com/it-it/foto/libri-note-scuola-tavolo-4778611/)

Senza lilleri non si lallera, recita l'antico proverbio toscano. A indicare che senza soldi, c'è poco da divertirsi. Un invito alla concretezza, dunque, che non a caso risuona anche a livello globale, nella formula più schietta e diretta tipica della lingua inglese: no money, no honey. Ed è proprio su questo triste adagio che da tempo, ormai, siamo soliti veder “costruire”, alla fine di ogni anno, la manovra finanziaria del nostro paese, valida per i successivi dodici mesi. Qualunque sia il governo, di fronte a qualsiasi maggioranza e qualsivoglia opposizione, e al di là dello specifico contesto economico globale. Che ci sia una guerra (o due) che ci possa coinvolgere più o meno direttamente, o che si stia affrontando una pandemia o qualunque altra emergenza, la situazione non cambia di molto, se non nelle cifre che conteggiano il deficit. Ma anche in caso di trend positivi e scenari favorevoli (che comunque, ahinoi, non si ravvisano da tempo), dalle nostre parti non è mai tempo di divertirsi, in un paese strangolato dal debito pubblico che non permette troppi slanci. Figuriamoci ora, dunque, di fronte a un quadro internazionale complesso, preoccupante e fin troppo compromesso, dove non a caso il nostro paese di sta scontrando in Europa sul Mes: ovvero, sui meccanismi di salvaguardia dei conti, e non certo sulle modalità di crescita e sviluppo. Anche se, in realtà, si tratta di due facce della stessa medaglia, perché prima di pensare a investire, bisogna sistemare i conti: visto che senza lilleri non si lallera, appunto.
Anche quest'anno, dunque, non c'è nulla di cui divertirsi, nel nostro paese, e gli ultimi giorni dell'anno sono ancora una volta contraddistinti dalla solita corsa contro il tempo del Parlamento per evitare l'esercizio provvisorio, mentre il governo cerca di raschiare fino in fondo ciò che resta nel barile della nazione. Seppure vi sia rimasto ben poco. Così, come nella peggiore delle tradizioni, si torna a puntare sul gioco pubblico: nonostante ci sia ben poco da prendere, dal settore, più di quanto non si stia prendendo già (ovvero, circa 11 miliardo l'anno di entrate erariali, e scusate se è poco). O, almeno, nulla si può pensare di tirar fuori dal comparto, se non attraverso una riforma generale che permetta di rimetterlo in sesto, una volta per tutti, e di poter procedere con tutte le gare per il rinnovo delle varie concessioni in scadenza. Come sanno bene dentro e fuori Palazzo Chigi, dove il dossier del gioco pubblico risulta aperto ormai da troppo tempo, col rischio di finire pure sui banchi di Bruxelles, dopo il perpetrarsi delle proroghe che continuano a rinviare anno dopo anno le gare pubbliche: anche qui, in perfetto stile italiano. Quello che piace poco in Europa e che già ci viene fatto pesare su tanti altri fronti, a partire dalle concessioni balneari.
Non è quindi un caso se il governo ha pensato bene di avviare l'iter di riforma del gioco inserendolo all'interno della più ampia riforma fiscale prevista nel progetto di legge delega, da attuare durante la legislatura: ma non è neppure un caso se alcuni, all'interno dell'esecutivo, hanno pensato di prendere una mezza scorciatoia, ipotizzando di poter fare (un minimo di) cassa anticipando un pezzo di quella riforma, cioè tirando fuori il settore dell'online dal calderone generale, con l'idea di bandire almeno il rinnovo delle concessioni già nell'immediato. Visto che per una gara di questo tipo non si è costretti a passare per il vaglio del enti locali, almeno in teoria. Sì, perché nella pratica, invece, pur non essendoci un vincolo espresso di dover interrogare i territori, è comunque vero che il mercato del gioco online non è completamente svincolato dalle dinamiche terrestri, come ci insegna la questione dei cosiddetti Pvr (Punti vendita ricariche), che bisogna inevitabilmente risolvere per poter mettere al bando le nuove concessioni. E allora, ecco tornare in ballo il territorio, insieme a tutte le sue complicazioni: e tanto basta a far pensare a un più opportuno rimando della gara a data da destinarsi, ovvero insieme a tutto il resto. Per una trattazione completa dell'intero comparto del gioco, in un progetto di riforma vero e complessivo. In modo da risolvere tutto e una volta per tutte. Ed evitare svarioni. Sì, perché il rischio maggiore, a dirla tutta, è quello di ritrovarsi con una gara monca, alla quale potranno partecipare soltanto in pochi e senza quindi veder centrare neanche l'obiettivo minimo che il governo si era prefissato, ovvero quello di fare cassa. Visto che difficilmente si potrebbe tirare fuori molto di più dal nuovo bando, e non in modo indolore.
Guardando l'impostazione generale del decreto delegato che il governo intende portare avanti nelle prossime ore per arrivare all'emanazione della prossima gara, in effetti, non si può neanche immaginare l'ingresso di nuovi soggetti “terzi” sul mercato del gioco pubblico italiano, provenienti da altri paesi, come avviene in un mercato sempre più globale, perché a pesare ci sono anche tutti gli altri fattori (assurdi) tipicamente italiani che finiranno col compromettere anche questa gara: come il divieto totale di pubblicità che non consentirebbe a nessun nuovo brand di gioco di potersi far conoscere sul territorio. Per un'altra questione da risolvere e sistemare all'interno di un riordino generale. Ecco perché l'accelerazione che il governo vuole dare sulla gara del gioco online, ad oggi, appare un vero e proprio azzardo, in cui la posta in gioco è fin troppo alta da rendere la partita non solo difficile da giocare, ma anche sconveniente. Guardando anche le altre (tante) criticità messe in luce dalle organizzazioni di categoria che stanno invitando l'esecutivo a rimandare la trattazione della materia all'interno di un riordino generale e completo del comparto. Perché se è vero che senza lilleri non si lallera, è altrettanto vero che senza una vera riforma, non si può riordinare un'industria. O, peggio ancora, se un riordino non riordina, allora vuole dire che la politica non fa politica.
 

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