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Dal Trentino alle Marche alla Toscana: perché il Riordino non può più attendere

03 luglio 2023 - 08:19

Dopo una settimana di alti e bassi per il gioco pubblico, diventa sempre più urgente e necessaria la riforma del comparto che metta fine al conflitto sul territorio: mentre il Parlamento avanza, alcune regioni arretrano.

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Siamo alle solite. Neanche il tempo di poter tirare un sospiro di sollievo dopo la ventata di freschezza proveniente dalle Marche, dove l’amministrazione locale, intervenendo sulla propria legge “anti-gioco” disinnescandone gli effetti più devastanti, che gli addetti ai lavori del gioco pubblico devono subito ritrovarsi ad avere a che fare con una legge ancora più restrittiva (e, diciamolo pure, forse anche poco sensata), questa volta proveniente dalla Toscana. 
Qui, al contrario di quanto avvenuto nelle Marche, la proposta di legge locale che interviene per modificare le norme vigenti sulle ticket redemption e che è stata appena licenziata - con voto favorevole e unanime dalla commissione Sanità del consiglio regionale - introduce misure ancora più restrittive, rendendo di fatto vietati ai minori dei giochi esclusivamente creati e destinati ai minori stessi. Un paradosso legislativo, che però non è neppure il primo né tanto meno l’unico, ricordando che provvedimenti analoghi, anche nella loro assurdità, erano stati già presi da altre regioni. Sia chiaro: l’obiettivo - più che nobile e condivisibile - cioè quello di “combattere la ludopatia, e lo sviluppo di questa patologia soprattutto tra i giovani”, non può che essere accolto di buon grado e condiviso da qualunque persona di buon senso. L’assurdità, semmai, risiede nel provvedimento in sé, che denota un’evidente non conoscenza della materia che si sta trattando, unita a una totale non curanza nell’affrontarla. Senza preoccuparsi minimamente di studiare, approfondire, conoscere. Come hanno spiegato i firmatari, “Anche se questi congegni, attivabili con moneta, con gettone o altri strumenti elettronici di pagamento, non risultano strettamente ascrivibili al gioco d’azzardo in quanto non erogano premi in denaro e le relative vincite non sono esclusivamente dettate dal caso, possono risultare comunque particolarmente nocivi per i ragazzi". Senza preoccuparsi, magari, di guardare ciò che accade nel resto del mondo: dove queste stesse macchine intrattengono da decenni intere generazioni, in maniera sana e genuina e senza controindicazioni. Anzi, a dirla tutta, secondo vari esperti, è proprio questa tipologia di macchine, in genere accompagnata dalle cosiddette “operazioni a premio”, che permettono di vivere un’esperienza di carattere pedagogico, trattandosi si giochi pensati per le intere famiglie, dove i più piccoli giocano a partecipano a una modalità di intrattenimento che include anche i genitori o i famigliari di turno. Eppure, tant’è. E anche questa decisione viene presa in maniera sostanzialmente unilaterale, senza un reale e fattivo confronto con l’industria, uno studio di esperti, anche terzi, o qualunque tipo di approfondimento, se non dal punto di vista delle restrizioni da adottare o delle sanzioni da comminare. E adesso la proposta di legge approderà in consiglio regionale per l’approvazione definitiva. Dove probabilmente le sorti saranno le stesse, rimanendo sulla superficie dei fatti e senza immergersi nella profondità e nella complessità della materia. 

Eppure, tutto questo accade proprio nel momento in cui Governo e Parlamento hanno avviato e stanno portando avanti un lavoro di riforma e di riordino dell’intero comparto del gioco. Come pure, al tempo stesso, si sta tentando di trattare in maniera adeguata e opportuna le dinamiche legate all’intero segmento del gioco di “puro intrattenimento”, il cosiddetto Amusement, nel quale rientrano proprio le ticket redemption sotto osservazione della Toscana: magari anche sottraendolo dalla disciplina del più ampio comparto del gioco pubblico, dominato dall’offerta con vincita in denaro, che forse permetterebbe già a monte anche di risolvere gli equivoci di fondo che alimentano gli errori legislativi di cui sopra. Invece, proprio nei giorni in cui Marche e Toscana proseguivano nel portare avanti una propria linea sulla regolamentazione del gioco a livello locale, la commissione Finanze della Camera approvava l'emendamento all'articolo 13 del disegno di legge delega per la riforma fiscale proposto da Forza Italia che chiede, fra le misure per il riordino del gioco pubblico “attraverso l’introduzione di regole tecniche atte a prevenire fenomeni di disturbi da gioco d’azzardo patologico (Dga), che focalizzi l'attenzione, tra i principi e criteri direttivi, anche su forme di comunicazione del gioco legale coerenti con l'esigenza di tutela dei soggetti più vulnerabili". Dando ulteriore conferma, chi per un verso e chi per l’altro, che l’attesa riforma diventa sempre più urgente e indispensabile: non solo per risolvere i problemi creati all’industria (come in Toscana) inibendo una parte dell’offerta che porta con sé anche inevitabili disordini in termini di ordine pubblico e sicurezza e non solo di equilibri di mercato, ma anche per togliere le castagne del fuoco a quelle amministrazioni che, come accade oggi alle Marche, sono costrette a tornare sui propri passi dopo aver approvato misure restrittive e spiccatamente proibizioniste, dettate da una trattazione eccessivamente leggera quando non del tutto ideologica, salvo poi rendersi conto dei danni che quelle stesse decisioni avrebbero provocato alla comunità locale. Ed è proprio questo, come scriviamo da anni, il succo dell’intera Questione territoriale e del conflitto che si è venuto a creare nel nostro paese attorno al tema della corretta regolamentazione del gioco pubblico. Un tema ancora oggi caldo, anche eccessivamente, come ci spiega soprattutto il Trentino, prima ancora delle Regioni sopra citate, dove si attende ancora oggi di conoscere quale sarà il futuro del gioco e delle imprese locali. In attesa di quella riforma, ormai legata alla legge delega, che è ormai l’unica strada che potrà portare verso un equilibrio sostenibile. Ammesso che il governo riesca a farla convivere in modo adeguato con l’autonomia differenziata che intende comunque portare avanti, di pari passo alla riforma fiscale. Ma questa, forse, è un’altra storia: intanto, ciò che conta, è arrivare alla fine dell’iter parlamentare della legge delega, in modo da poter emanare quanto prima tutti i provvedimenti attuativi che si renderanno necessari. E, nel frattempo, per avere un riferimento legislativo al quale si potranno affidare non tanto le amministrazioni, quanto più che altro i vari tribunali che si troveranno ad affrontare i contenziosi sulla materia: come ci insegna l’esperienza. 
 

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