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Il gioco pubblico nella spirale del distanziometro

15 maggio 2023 - 12:14

Da troppi anni l'industria italiana del gaming si trascina dietro l'angusta Questione Territoriale che continua a compromettere l'offerta di gioco legale in un continuo scarico di responsabilità tra istituzioni.

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Ci risiamo. Ancora una volta, come ormai d'abitudine, una pronuncia del Consiglio di Stato ribalta un precedente pronunciamento di un Tribunale amministrativo sul tema del cosiddetto “distanziometro” e, quindi, sull'insediabilità dell'offerta del gioco legale sul territorio, tenendo “viva” l'annosa Questione Territoriale e tenendo ancora sulle spine gli addetti ai lavori del comparto, per i quali l'esito del contenzioso vale il futuro delle proprie attività. Per un altro, clamoroso, colpo di scena, che non è affatto il primo, ma piuttosto l'ennesimo, finendo così col diventare un fastidioso dejà-vu. Rendendo così un evento potenzialmente straordinario come qualcosa di praticamente ordinario. Sì, perché l'iter giurisprudenziale che sta caratterizzando da ormai quasi quindici anni l'infinito conflitto tra Stato ed Enti locali sul gioco, in un continuo susseguersi di eventi su vari territori, sembra ormai attraversare percorsi già scritti, attraverso copioni già letti e situazioni già vissute, in cui lo Stato continua a mantenere le distanze del settore, mentre i vari giudici, interrogati sulla materia, sembrano tenere a distanza la verità, evitando una vera e propria trattazione del contenzioso nel cuore del problema, che è quello della corretta regolamentazione del comparto di fronte a una riserva di legge, vigente, ma solo sulla carta, poiché sbugiardata da una legislazione regionale che si fatto confligge con l'intero impianto normativo sui giochi. Anche se nessuno vorrà mai ammetterlo: in attesa di una riforma generale del comparto, promessa da vari governi ma mai attuata, almeno fino ad oggi. In una situazione che dunque si ripete, in una sorta di spirale infinita, al cui interno rimangono intrappolate le imprese del settore, insieme ai loro lavoratori, che rimangono sull'orlo del baratro finché la vicenda non sarà in qualche modo risolta, o quanto meno concluso.
Da troppo tempo ormai vediamo accadere le stesse vicende, con il comune che dispone la chiusura di un locale in attuazione di una legge regionale, il titolare di quel locale impugna gli atti innanzi al Tar, il quale a sua volta conferma – in genere – la linea amministrativa, spesso senza neppure entrare nel merito della vicenda (e, quindi, facendo finta di non vedere come le presunte limitazioni dell'offerta, raggiungendo anche cifre pari al 98 percento dell'inibizione del territorio, rappresentino di fatto dei divieti totali, incompatibili con la legge e pure con la Costituzione), costringendo lo stesso imprenditore ad appellarsi al Consiglio di Stato, il cui verdetto sospende gli effetti della normativa appena avvallata dal Tar, non potendo correre il rischio di vedere discriminate legittime attività, che peraltro operano in nome e per conto dello stesso Stato che quelle istituzioni si onorano di rappresentare.
L'ultimo atto dell'infinita vicenda si è avuto nelle scorse ore e riguarda il “solito” Trentino: con la pronuncia dei giudizi di Palazzo Spada che attraverso un decreto cautelare hanno sospeso il provvedimento di chiusura di un locale di gioco in attesa di una trattazione nel merito della vicenda che avverrà il prossimo giugno. A tutela, appunto, degli interessi di un operatore che opera - fino a prova contraria – nel rispetto delle leggi dello Stato. Anche se è lo stesso Stato, in questo caso, a cambiare le carte in tavola durante l'esercizio di una concessione, sia pure attraverso una sua diramazione territoriale. Niente di nuovo, insomma, trattandosi della stessa vicenda che si ripete, di Regione in Regione, e da troppo tempo: soprattutto nel Trentino, dove tutto ha avuto origine, nell'ormai lontano 2011, quando a muoversi per prima “contro” il settore del gioco era stata la Provincia autonoma di Bolzano e dove ancora oggi si continua a voler tenere un'ostinata linea dura nei confronti del comparto. Con la complicità di tutti quei soggetti politici e istituzionali che continuano a tenere il punto, senza voler fare i conti con la realtà, come invece hanno fatto molti altri rappresentanti regionali, eseguendo un revirement sulle proprie leggi locali, una volta capito che l'attuazione di certe disposizioni avevano come unico effetto quello di decretare la chiusura di attività economiche a tutti gli effetti legittime, andando ad alimentare la disoccupazione sugli stessi territori che si intendeva proteggere, oltre a minare la tutela dell'ordine pubblico e la sicurezza dei consumatori. Per un vero e proprio paradosso, ormai fin troppo evidente, per chi lo vuole guardare. Ma nonostante tutto, c'è chi continua a tenere le distanze dalla realtà e non solo dal gioco.

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