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Elezioni 2022: vincitori e vinti, i possibili effetti per gioco e ippica

26 settembre 2022 - 10:16

Fra i vincitori e i vinti delle elezioni politiche appena andate in soffitta, ci sono molti volti noti per il mondo del gioco pubblico e dell'ippica. Ecco chi sono e quali sono le loro posizioni.

Scritto da Fm
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Gli esiti dei sondaggi pre-voto alla fine sono stati rispettati.

L’Italia svolta a destra, con Fratelli d'Italia a fare da traino – registrando oltre il 26 percento delle preferenze- per il successo della sua coalizione, che nel complesso incassa più del 44 percento.

Surclassando gli alleati, con la Lega all’8,8, Forza Italia al 7,9 percento, Noi Moderati allo 0,8 percento.

 

Nella coalizione di centrosinistra – con il 26 percento abbondante in totale – spicca il 19 percento del Partito democratico, seguito dal 3,5 percento dei Verdi, dal 2,9 percento di +Europa e dallo 0,5 percento di Impegno civico.

 

Guardando alle altre percentuali poi a risaltare è il 15 percento abbondante del Movimento cinque stelle, mentre il terzo polo – con il duo Azione-Italia Viva - arriva al 7,8 percento e Italexit si attesta a poco meno del 2 percento.

 

Cosa ci dicono i numeri?

Innanzitutto che a guadagnare consensi sono stati i partiti e i movimenti che in qualche modo hanno rotto o sono stati fin dall'inizio avversi al premier uscente Mario Draghi.

Ne sono appunto la prova il successo di Giorgia Meloni, l'unica a restare fuori dall'Esecutivo guidato dall'ex numero uno della Banca centrale europea, e l'affermazione del pentastellato Giuseppe Conte, che a luglio portò avanti lo strappo da cui poi scaturì la crisi di Governo che ha condotto il Paese a nuove elezioni.

Un esito importante innanzitutto nel dialogo fra Italia e Unione europea - e anche con il resto del mondo - nel pieno di una congiuntura politica, sociale ed economica senza precedenti, in cui si intrecciano scadenze del Pnrr - Piano nazionale di ripresa e resilienza -  dopo  il via libera della Commissione Ue alla seconda tranche di aiuti (21 miliardi di euro) ora bisognerà portare a casa la terza tranche, da circa 19 miliardi di euro -, crisi energetica, gestione dell'emergenza connessa alla guerra in Ucraina, politiche fiscali.

 

È un segno di facile interpretazione anche l'ennesimo crollo dell'affluenza dei votanti, che si attesta intorno al 64 percento, circa 10 punti in meno rispetto alle Politiche del 2018. A testimoniare la disaffezione e la disillusione degli italiani e, forse, l'incapacità di alcuni partiti di veicolare le proprie proposte e ad avere presa sull'elettorato.

 

Spostando il focus sul mondo del gioco è ancora da capire quali potrebbero essere le ripercussioni a breve e a lungo termine, ma è possibile già tracciare alcuni bilanci.

Guardando ai primi risultati, balza agli occhi il mancato ingresso in Parlamento di Luigi Di Maio, capo di Impegno civico, -  sconfitto dall’ex ministro Sergio Costa (M5S) nel collegio uninominale della Camera di Napoli Fuorigrotta – e ben noto al settore per essere stato il principale artefice del divieto di pubblicità al gioco inserito nel decreto Dignità.

 

Lo spoglio invece premia due ex sottosegretari al ministero dell'Economia e delle finanze con delega ai giochi, entrambi della Lega, due fra i politici che più si sono spesi per tentare la strada del riordino: Federico Freni incassa oltre il 42 percento dei voti nel collegio romano di Guidonia Montecelio ed entra alla Camera dei deputati, mentre Claudio Durigon registra il 53 percento delle preferenze per il Senato nel Collegio plurinominale Lazio 2 – 02 (province di Frosinone e Latina).

Chissà che questa elezione non acquisti un significato importante per il comparto, viste le rassicurazioni di Freni circa la priorità del progetto di riordino del settore dei giochi pubblici per il nuovo Governo.

 

Restando in quest'ambito,  Andrea De Bertoldi (Fratelli d'Italia) - già  segretario della commissione parlamentare d'inchiesta sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico istituita in Senato - riconferma il suo posto in Parlamento, passando però dal Senato alla Camera, incassando il 40,92 percento dei voti nel collegio di Trento.

In campagna elettorale ha ribadito la sua intenzione ad occuparsi, anche nella nuova legislatura, del rapporto fra le banche e gli operatori del gioco, come già fatto in quella in via di conclusione.

 

Passando a un altro dei settori di interesse per i nostri lettori, parliamo di due dei candidati collegati in qualche modo all'ippica.

In virtù dell'insuccesso di Impegno civico resta fuori dal Parlamento Giuseppe L'Abbate, ai tempi in cui era sottosegretario del ministero delle Politiche agricole - e anche dopo, da deputato - in prima linea per la riforma e il rilancio del comparto.

Viene invece riconfermato il sottosegretario uscente Francesco Battistoni (Forza Italia), candidato per il centrodestra nel collegio di Ascoli Piceno nelle Marche, che ha dalla sua oltre il 47 percento delle preferenze ed entra così alla Camera.

 

 

Ampliando lo sguardo nel novero degli eletti al Senato figura anche Patrizio La Pietra, esponente di Fratelli d'Italia, firmatario insieme con il collega Luca De Carlo, di un disegno di legge per istituire l'Agenzia autonoma per la promozione, lo sviluppo e la tutela dell'ippica nazionale, “per organizzare una riforma strutturale di tutto il settore”.

 

Alla stessa coalizione appartiene anche Mauro D'Attis, confermato alla Camera con Forza Italia, noto ai nostri lettori per le numerose prese di posizione in materia di gioco pubblico, per la tutela del comparto e degli operatori, ad esempio con gli emendamenti presentati al Dl Aiuti sulla proroga delle concessioni per la raccolta delle scommesse, o con un'interrogazione al  ministro dell’Economia e delle finanze, Daniele Franco, sulla necessità di risolvere le discriminazioni bancarie ai danni del settore.

 

Sulla stessa sponda poi si segnalano Riccardo Molinari, capogruppo uscente della Lega alla Camera dei Deputati e segretario della Lega in Piemonte, ed Edoardo Rixi,  già assessore allo Sviluppo economico della Liguria e fra i principali fautori dello stop all’entrata in vigore della legge regionale in materia del 2012 deciso nel 2018 insieme con la Giunta Toti, propedeutico al varo di una nuova normativa in materia ai tempi promessa di lì a poche settimane, di fatto non ancora arrivata, a quattro anni di distanza.  

 

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